Brenda Donahue segue il nostro blog da Dublino, Irlanda. Ha vissuto in Italia e conosce bene la nostra lingua. Qui ci racconta il caso di Savita morta a causa di  una legge che nega l’aborto anche quando in gioco c’è la vita di una donna.

 

L’Irlanda è uno dei pochi paesi nel mondo dove l’aborto è ancora illegale in quasi ogni circostanza. La storia dell’aborto nella repubblica irlandese si svolge in un contesto cattolico, in una nazione che malgrado gli scandali che hanno afflitto la chiesa cattolica irlandese ormai da vent’anni, ancora dimostra in alcune cose di essere estremamente cristiana e conservatrice.

Il culmine di una tale mentalità è stato raggiunto col tragico caso di Savita Halappanavar, morta quasi un mese fa in un ospedale irlandese. Morta, a quanto pare in questa fase investigativa iniziale, perché il medico incaricato di curarla si è rifiutato di terminare la sua gravidanza. Savita ha patito un dolore insopportabile per più di tre giorni, un dolore causato da un aborto spontaneo in corso. La gravidanza, hanno accertato i medici fin dai controlli fatti il primo giorno, non poteva andare avanti – il feto sarebbe sicuramente morto. In qualsiasi altro paese europeo, con questa sicurezza sull’impossibilità di sopravvivenza del feto, il medico avrebbe consigliato alla paziente un aborto come la strada migliore per tutelare la salute della donna – ma in Irlanda le cose vanno diversamente, i medici sono vincolati dalla legge irlandese che prevede l’ergastolo per la donna che procura un aborto e tre anni in carcere per il medico che l’aiuta. Savita, nonostante il suo dolore per la perdita di una figlia tanta voluta e aspettata, ha chiesto più volte l’aborto, ma la procedura le è stata ripetutamente negata. Il cuore del feto batteva ancora e finché batteva, dicevano i medici, non si poteva fare niente. La donna, di origine indiana, ha chiesto il perché di questa decisione, e il medico (stando alla testimonianza del marito Praveen) ha risposto “Ireland is a Catholic country” (“L’Irlanda è un paese cattolico). La coraggiosa risposta di Savita: “I am neither Irish nor Catholic” (“Io sono né irlandese né cattolica”). Dopo tre giorno Savita è morta di setticemia.

Come si è potuto arrivare a tal punto in un paese europeo, moderno e (nonostante la recessione) relativamente ricco? Per arrivare ad una risposta soddisfacente bisogna ricordare la storia irlandese e soprattutto il rapporto che si è sviluppato dopo l’indipendenza dall’Inghilterra tra lo stato irlandese e la chiesa. La chiesa cattolica ha avuto fin dall’indipenza un’influenza smoderata sulla repubblica irlandese e la costituzione è in sostanza ancora fondamentalmente cattolica. Il ruolo della donna nella società irlandese oggi è ancora fortemente condizionato da pensieri, credenze e usanze cattolici.

Ogni paese ha il suo tema caldo che accende sempre dibattiti e polemiche, che divide la gente, che crea tensioni e rabbia – in Irlanda, da almeno venticinque anni, questo tema è l’aborto. Anche se gli irlandesi vanno sempre meno in chiesa, e si è manifestata una forte rabbia contro la chiesa dopo gli scandali dei preti pedofili, è comunque evidente che le strutture del pensiero cattolico sono ancora molto diffuse tra la gente. L’interpretazione cattolica di vita e morte è ancora quella dominante. Tanti credono che la vita umana inizi nel momento del concepimento, e nella nostra costituzione, dopo un emendamento approvato nel 1983, la vita del feto ha lo stesso diritto alla vita che ha la madre. Cioè, il feto che non può sopravvivere al di fuori dal corpo della donna ha per legge gli stessi diritti di una donna adulta. In più, il dibattito sull’aborto è stato storicamente guidato da persone e gruppi che stanno all’estrema destra del pensiero cattolico. Il gruppo più attivo si chiama Youth Defence (Difesa dei giovani), ed è un gruppo che si oppone ancora oggi all’utilizzo degli anticoncezionali, alle unioni gay e all’aborto. Youth Defence è un’organizzazione piccola (che però riceve finanziamenti dall’estero) che riesce, tramite strategie di propaganda spesso contenenti informazioni false o poco accurate, manifestazioni e l’esercizio di pressioni politiche, a distorcere la natura del dibattito in Irlanda.

Nel 1992, c’è stato un altro caso tragico; il caso X. Una ragazzina di 14 anni (che per motivi di privacy è stata nominata “X”) rimasta incinta dopo essere stata stuprata da un vicino di casa, ha ricevuto il divieto dallo stato irlandese di abortire in Inghilterra. Tornata in Irlanda, ha subito l’umiliazione di un processo presso la Corte Suprema che infine le ha concesso l’aborto in Inghilterra, visto il pericolo del suo suicidio. Il tribunale ha riconosciuto la legittimità dell’aborto per la costituzione irlandese in caso di rischio per la vita della donna. Nel caso X, il rischio era quello del suicidio della ragazzina. Dopo la sentenza al grado più alto di giudizio, ci si aspettava che a breve il governo avrebbe introdotto una legislazione che avrebbe messo in chiaro le occasioni in cui sarebbe stato legale praticare un aborto. In vent’anni nessun governo irlandese ha avuto il coraggio di farlo. E per vent’anni una media di cinque mila donne irlandesi all’anno hanno preso il traghetto o l’aereo per andare in Gran Bretagna a procurarsi l’aborto. In questi ultimi mesi, spinte dall’attivismo delle femministe, tante donne hanno iniziato a parlare delle loro esperienze, hanno viaggiato a volte da sole, in condizioni di salute pessima, senza i soldi richiesti per passare la notte in clinica, e spesso hanno mentito ai famigliari, agli amici, alle persone care. Perché mentire? Non si parla dell’aborto in Irlanda. Io personalmente non conosco nessuna donna irlandese che abbia abortito, anche se statisticamente parlando, so che di sicuro non è possibile.

Stasera si manifesta. Dal giorno in cui si è saputo della morte di Savita c’è stata una manifestazione ogni mercoledì davanti al parlamento irlandese.  Le manifestazioni non sono cominciate con la morte di Savita, però; già si manifestava dopo la dichiarazione della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) alla fine del 2010 che ha affermato che l’Irlanda deve introdurre una legislazione per chiarire le condizioni in cui una donna può legittimamente procurarsi un aborto. Si manifestava con la paura che una donna un giorno sarebbe morta per colpa dei politici timorosi e incuranti, e purtroppo quel giorno è arrivato per Savita meno di un mese fa.

Stasera un politico indipendente, Clare Daly, presenterà una proposta di legge che prevede l’aborto nei casi specificati già dal Supreme Court irlandese dopo il caso X. Noi saremo fuori a seguire e a manifestare. Il governo troverà il coraggio di votare per la proposta di legge domani? O ci sveglieremo giovedì con le solite scuse dei politici che le donne irlandesi sentono già da vent’anni?