Il dibattitto è cominicato con l’esternazione della Ministra Fornero sull’essere Choosy dei ragazzi/e italiani/e. Giulia Rosoni, Giulia Camin, Livia Fiorio hanno risposto, trovate i loro post qui sotto.  E ora interviene  Stefania. Per giovani donne così credo che molte adulte e adulti lavorino volentieri per costruire un futuro migliore, siete d’accordo? Stefania non ti vergognare, noi ti apprezziamo moltissimo. Andiamo avanti

Mi chiamo Stefania, sono una studentessa di 26 anni all’ultimo anno di università, o almeno spero. Studio Editoria e Nuove Professioni dell’Informazione e, malgrado la comunicazione non sia mai stata il mio forte, mi son ritrovata a doverla studiare e smembrare in tutte le sue parti durante il percorso universitario fino ad appassionarmi e a farmi credere che è in quel mondo che vorrei costruire il mio ruolo professionale.

Da poche settimane, dunque, collaboro con un’agenzia che fornisce prodotti e consulenza editoriale, nello specifico scrivo annunci di eventi. Non è neanche lontanamente simile a quel che penso e spero di fare come lavoro, ma alla mia età ho bisogno di farmi un po’ di esperienza e forse è vero che non è il momento di essere “choosy”. Quindi collaboro e scrivo, cerco eventi sul web e li rielaboro: devo produrre pezzi che abbiano più o meno tutti lo stesso formato, con la stessa formula, uno stile accattivante che attiri l’attenzione e sia facile da leggere e capire. Un esercizio utile, anche se i pochi professionisti con cui ho avuto la fortuna di parlare dicevano che, anche nella sintesi, bisogna cercare di imprimere il proprio stile personale, la propria firma che ci distingua da tutti gli altri, e non si riferivano al nome e cognome. Su questi annunci il mio nome proprio non ce lo vorrei mettere e per fortuna non ce lo mettono proprio.

E penso che sia giusto lavorare – per il momento gratuitamente perché sono in prova e sto ancora imparando – e penso che sia giusto anche se non sto facendo il lavoro che desidero perché mi mantengono ancora i miei genitori e mantengono anche mia sorella maggiore plurilaureata, ma disoccupata anche lei. Non posso storcere il naso, quella piccola, di sorella, ha appena finito le superiori e se almeno una di noi due figlie grandi non trova un lavoro la piccola non potrà andare all’università perché costa troppo.

Allora eccomi a fare una cosa che non mi piace, perché dalle nuove esperienze qualcosa si impara per forza. Ad esempio l’altro giorno dovevo scrivere di una mostra  ed è una collettiva di fotografe che espongono i loro punti di vista sul mondo. Quando scrivo i miei pezzi devo fare tutto da sola, scegliere la foto, scrivere il SEO, selezionare le categorie e via dicendo. Dopo arriva la supervisione del capo redattore, un ragazzo dell’età di mia sorella che, tra gli altri progetti dell’agenzia, si deve anche occupare di controllare il mio lavoro. 

Ecco, per il pezzo sulla mostra fotografica avevo scelto una bella foto, l’avevo proprio selezionata tra quelle disponibili perché mi sembrava potesse farsi notare per i motivi giusti: era bella, c’era il rosso (colore che attira sempre l’attenzione) e non raffigurava una donna nuda come altre delle foto disponibili. Non erano volgari o di minor valore quelle con le donne nude, ma sapevo di non voler usare quei corpi tanto belli e quelle foto così profonde con il solo scopo di colpire il lettore e “vendere” qualche click in più sulla pagina. 

Il mio caporedattore la pensava diversamente.

Così tra le correzioni c’è stata anche “ho cambiato la foto”, e al posto della mia scelta campeggiava, invece, la foto di una ragazza in costume o in reggiseno e mutande, che si faceva fotografare da un uomo. In quel momento ho visto come una bellissima foto possa perdere tutto il suo significato se usata per uno scopo di così poco valore.

E allora che fai, diventi “choosy” e chiudi la tua prima collaborazione dopo neanche tre settimane, quella collaborazione che speri porti a un lavoro, perché cercano di vendere il loro prodotto col corpo delle donne? Io non ci sono riuscita, e me ne vergogno.

E non so che fare perché ho 26 anni, non ho un lavoro e vorrei poter lavorare senza scendere a compromessi, di nessun tipo.Ora, però, non sono in grado di farlo. Non so perché ho scritto questa mail, forse dovrei vergognarmi della mia mancanza di coraggio, ma mi vergogno già così tanto ogni volta che telefono a casa e mia sorellina piccola mi dice che si annoia, che la nostra città non offre niente e vorrebbe andare via. Mi vergogno tutte le volte che sento mia madre e le devo chiedere di mettermi altri soldi nella carta prepagata perché li ho finiti, mi vergogno quando non posso comprarmi un maglioncino nuovo perché i soldi mi devono bastare più tempo possibile e dopo tutto i maglioni già ce li ho.
Mi vergogno di un sacco di cose, ma scrivendo questa lettera mi vergogno un po’ meno di me stessa.

 

Un caro saluto con tutta la mia più profonda stima.