La mobilità verso l’alto oggi, non essendo  più trainata dalla cultura se non per uno sparuto gruppo di privilegiati, è tornata a essere sostituita dal sistema di selezione per nascita e per censo.
Come continuare a fingere di non vedere quanto sia insopportabile che chi si ostina a volere una televisione “libera”, esattamente come “libera” chiedeva che fosse la tv il premier Berlusconi – e sarebbe ora che ci si accorgesse di questo cortocircuito impressionante – possiede poi tutta una serie di privilegi di casta per cui difficilmente subirà gli effetti dello schermo? I figli di alcuni intellettuali “radical chic” guardano un po’ di tv, ma fanno sport, viaggiano, all’occorrenza prendono ripetizioni, leggono i giornali che girano per casa, passano le vacanze all’estero.
Ci siamo arrivati, dunque: in Italia si è tornati ad avere un forte sistema di selezione per censo e l’unica variante rispetto a qualche decennio fa è che ora chi beneficia di questi privilegi spesso ama definirsi “di sinistra”.
Non è questa la sede più idonea per capire come siamo arrivati a questa situazione, da più studiosi analizzata ma da pochissimi altri presa in considerazione. La tesi più probabile è quella che ci porta a ricordare come la stragrande maggioranza di chi compone oggi l’intellighenzia italiana di sinistra sia formata da ex sessantottini o dai loro discepoli. Uomini e qualche donna per i quali l’elemento unificante in quegli anni erano stati i bisogni e i diritti di ciascuno, a differenza della generazione precedente che si era dovuta battere per obiettivi condivisi come la giustizia, l’uguaglianza di opportunità e la sicurezza economica. Ancora Judt è lapidario nell’analisi:
L’individualismo, l’affermazione del diritto di ogni persona alla massima libertà privata e alla libertà assoluta di esprimere desideri autonomi, ottenendo il rispetto e l’istituzionalizzazione di tali desideri da parte della società nel suo insieme, divennero le parole d’ordine della sinistra. Tra l’altro questo spiccato individualismo
favorì un relativismo estetico: se qualcosa va bene per me, non compete a me stabilire se va bene per qualcun altro, né tantomeno imporglielo.
Vedete come questo pensiero sia arrivato fino a noi oggi e abbia permesso trent’anni di miseria televisiva. Ecco spiegata la ragione per cui in Italia questa televisione ha goduto della libertà di trasmettere programmi lesivi della dignità delle persone – donne, uomini e bambini – come non accade in alcun altro paese europeo: la televisione commerciale, e a ruota quella pubblica, unite da un unico obiettivo mercantile all’interno di uno sfrenato sistema neoliberista con il beneplacito di gran parte della, ormai cosiddetta, sinistra.

“Senza Chiedere il Permesso”, ed. Feltrinelli