Pillole da Berlino e pensieri sparsi annessi.

– Dopo il comunicato stampa che trovate qui e una serie di email scambiate nella mailinglist dei bolg femministi è stato fondato un gruppo facebook che trovate qui. Il gruppo è aperto a tutt*.
L’idea iniziale era quella di tradurre in più lingue uno o più comunicati stampa o post di diversi blog per divulgarli a livello europeo (autorità, media, enti, associazioni, gruppi, centri). Ci piacerebbe creare una rete in diversi Paesi europei con coloro che si occupano, vorrebbero occuparsi di o informarsi sulla violenza perpetrata a donne. All´attivo siamo- a Berlino- circa sette persone, per ora tutte italiane. Dopo un primo incontro svoltosi martedì , procederemo con l´organizzazione di azioni di diverso genere (informative o meno) in cui coinvolgere giuristi e giuriste tedesche-i e italiani-e per parlare dell´attuale situazione europea. Il nostro primo intento è quello di capire. Il secondo è di coordinarci con chi, nel Paese che ci accoglie, si occupa di questi temi e cercare una via interculturale per poter alzare il grado di consapevolezza, creare delle cooperazioni e avviare dei progetti comuni volti a sensibilizzare soprattutto i più giovani e le più giovani. Gli italiani e le italiane a Berlino sono tantissim*.

-L´11 maggio del 2012 alle ore 16, mentre io mi facevo trapanare per la seconda volta il settimo superiore di sinistra da un simpatico dentista d’origine polacca e dalla sua assistente tedesca fan del Lago di Garda e del tipico “maschio” italiano, tutto pelo, gel e occhiale da sole, partiva il corteo dimostrativo FREE PUSSY RIOT! a cui io avrei voluto con tutto il cuore prendere parte. Non so se conoscete queste donne coraggiose che hanno dato del filo da torcere a Putin durante tutta la sua campagna elettorale. Io sono DAVVERO incazzata per ciò che sta succedendo in Russia. Dall´ottobre del 2011 PUSSY RIOT hanno rotto il silenzio, si sono indignate, hanno indossato i loro passamontagna colorati e hanno detto basta: basta al maschilismo radicato nella società russa, basta al Patriarcato, basta alla subordinazione della donna a oggetto di desiderio, basta agli stereotipi e alle bambole mozzafiato, basta con la politica delle amicizie e della corruzione. Si sono arrabbiate a suon di punk, youtube e blog. Hanno gridato a squarcia gola NO agli inciuci , agli ammanicamenti del governo Putin con i bonzi del turbo-capitalismo sovietico e della chiesa ortodossa, NO allo strapotere dello Stato, fondato sul terrore e sullo smodato controllo sui cittadini. Maria Alyokhina, Ekaterina Samutsevitch e Nadezhda Tolokonnikova, appartenenti al collettivo punk rock, si trovano in carcere da marzo di quest´anno. A elezioni avvenute sono state sbattute dentro. Devono scontare sette anni di pena per aver “osato” questo. Sono state censurate, incarcerate, eliminate, punite per aver espresso la loro opinione e averlo fatto a modo loro. Accusate di “blasfemia” dalla Chiesa e di “teppismo” dallo Stato, sono detenute come delle criminali e a Berlino il gruppo Occupy Berlin ha camminato fino all´ambasciata russa gridando “Tutt* noi siamo Pussy Riot!”. Qui trovate delle foto. Il 12 maggio è stata spedita una lettera alla Corte Europea per i Diritti Umani. Amnesty International è dalla loro parte. Pussy Riot sono prigioniere politiche. Assurdo no? Non è assurdo? Io le ammiro molto. Credo che ce ne vorrebbero molte anche in Italia di Pussy Riot, ve le immaginate, alla Marcia del Movimento per la Vita o arrampicate a suonare la chitarra sul porticato di Piazza San Pietro? Trovate le notizie dell’ultima ora su di loro qui. Ma dove sono finiti i loro diritti? Liebriamole!

-Ieri, sabato, dopo aver stirato la biancheria delle ultime tre settimane, sono scesa in piazza in ricordo del 13 maggio degli indignados. Eravamo in quattro gatti e quattrocento poliziotti. Tema: crisi e metodi per affrontarla. C´erano il mio amico Dirk e la mia amica Dana con carrozzina e bambina al seguito. Ieri la piccola Jara compiva il suo quarto mese di vita, un bel modo per festeggiarlo.
Dana e Dirk appartengono al ceto medio ma non hanno una lira. Cosí dicono. Mi hanno chiesto perchè fossi di cattivo umore, se la cosa dipendesse dalla biancheria stirata o dal fatto che il tempo non fosse cosí estivo come dovrebbe. Io ho risposto loro che non me ne fregava un bel niente nè del sole nè della giacca a vento: il mio migliore amico a Roma a giugno resta a piedi, disoccupato e la sua ragazza guadagna 250 euro al mese per un part-time. Lei ha una laurea in tasca, lui un PhD. Sono felice per Dirk e Dana, per Jara e per i loro sogni. Ma se penso a qualcun´altro m´incazzo e il mio lavoretto mal pagato mi sembra una gran fortuna. Ultimamente mi trovo a dire a me stessa di non voler far figli per questo Paese, e neanche per quello laggiú, da dove vengo.

-Sto analizzando pezzo a pezzo l´opera di un genio morto a 37 anni. In tredici anni ha girato 45 film. Si era preposto di voler raccontare tutta la storia della Repubblica Federale Tedesca e di farlo con dei film per mettere i suoi contemporanei di fronte ad uno specchio. Potete immaginare che non dev´essere stata una cosa facile ma una lotta, una presa di posizione politica che l´ha spesso portato al dubbio, alla rabbia, all’orrore del non essere né compreso né osannato, tutt´al piú censurato. Lui non si faceva tante paranoie sul chi gli desse cosa per far che eppure ha prodotto dei capolavori. Quello che voleva se lo prendeva perchè sapeva che i tempi erano stretti e la responsabilitá moltissima. Non importa chi lui fosse, alcun* lo conosceranno, altr* forse no. Ciò che ha fatto é stato rivoluzionario. E questo significa che le rivoluzione possono avvenire ovunque. C’è chi scende in piazza e chi fa film. Bisogna sapere- peró- gente cosa stiamo facendo e perchè. Troppi e troppe purtroppo non lo sanno, a volte anch´io, in questo perdersi precario e felssibile. “Ich werfe keine Bomben, ich mache Filme”, diceva per giustificarsi di fronte ai rifiuti delle reti televisive che sempre l´avevano appoggiato ma che non sembravano ad un certo punto della sua carriera voler accettare di produrre e trasmettere le sue sceneggiature più apertamente politiche e critiche. Lui voleva fare Film per la TV: “A che servono i film se no se a vederli sono in dieci?”. Lo diciamo alla RAI, per favore, che vogliamo vedere altro?

-Ho saputo che da anni  a un singnore di Kreuzberg si è preso un impegno con il mondo. Ogni settimana salta sulla sua bicicletta, attacca un cartello al manubrio e uno alla sella e grida “No al nucleare!”. A volte è anche scortato dalla polizia. Le male lingue penseranno che sia una forma buonista del mettersi in pace la coscienza. Io credo di averlo capito questo signore. Ci vuole azione se si vuole essere il cambiamento che vorremmo vedere avvenire nel mondo.