Femminismo a Sud ha postato questo interessante articolo giorni fa dove si rivendica il diritto a non dovere comparire per forza “femminili”, quale risposta alla critica che molte donne ed anche alcune che avevano partecipato al Fem Camp di Torino, muovono alle “compagne” che spesso, a loro dire, appaiono sciatte.
Francesca Rigotti si spinge ancora piu in là in un articolo su L’Unità dove addirittura pare sostenere che le donne impegnate hanno quasi sempre come condizione necessaria la trasandatezza. Il tema veniva ripreso da Lipperatura.
Dall’inizio di questa avventura ho sempre trovato idiota, scusate è un termine forte, ma veramente idiota chi giudica dallo smalto e in ugual misura chi denigra chi lo smalto non lo stende perfettamente tutte le mattine. In questo gli uomini sono più abili. Guardate Marchionne: si è presentato ad acquistare la Chrysler in pulloverino. Ma ha i cosiddetti e nessuno ha niente da ridire. Conosco manager sciattoni e brillanti, damerini insulsi e incapaci e dandy gran uomini d’affari.

Chissenefrega.

Io vado sempre col tacco, mi piace, mi ci sento bene. Se cammino in montagna metto gli scarponi. Punto.
La mia amica Giovanna ha i capelli bianchi, non se li tinge, non si trucca e si va bene così. Siamo amiche da 20 anni e nessuna ha mai dato importanza a quello che  l’altra indossa.
Libertà, libertà. Come si fa a chiedere agli uomini, al Paese, di valorizzare le nostre differenze se non le sappiamo valorizzare nemmeno noi?
Incapaci di guardare cosa c’è sotto un trucco civettuolo? O cosa nasconde un gonnellone anni 70? A me questa poliediricità delle donne è sempre piaciuta assai, accostarmi a chi è diversa da me, affascina moltissimo.
Spiace dire che questa miseria piccolo borghese è purtroppo molto italica: ebbi già modo di dire che al Social Forum di Caracas a cui partecipai, alcune compagne italiane guardavano susseguiose qualsiasi loro connazionale che si permettesse anche solo una riga di matita sugli occhi. Fu per me una sorpresa e una liberazione entrando nei bagni delle donne, scoprire un tripudio festoso di femmine da tutto il mondo scambiarsi fard e rossetti, ridendo allegramente. Si può stare su tacchi stiletto e combattere come tigri per i diritti delle donne 🙂
Uscire dalle Gabbie, appunto.
Oggi ricevo il commento qui sotto che decido di mettere in homepage:

“Ho provato a commentare di là, ma ho sbagliato comando. Purtroppo sono bionda… Quindi se non vi dispiace, pubblicherei qui la mia risposta.
Scusate, non leggo tutti i commenti, perché devo andare dal parrucchiere… (dove peraltro, in quattro ore di attesa, avrò tempo di leggermi quasi un libro intero).

Ma vorrei rispondere anche io al post.
Schierandomi con tutte quelle che hanno scritto che le donne vanno giudicate dalle idee.

Perché, purtroppo, c’è una comunità di donne, in giro, che vanta la difesa della scelta di non mettersi il rossetto, e diffama la visita settimanale dal parrucchiere. Poi giudicano sceme quelle femministe che durante l’appuntamento dall’estetista leggono un buon libro, riuscendo a fare due cose nello stesso momento.
Appartengono alla mia generazione, trenta/quaranta anni, e quando ti guardano pensano che tu riesca a danneggiare anche la loro reputazione, mostrando al mondo che bellezza e intelligenza possono andare d’amore e d’accordo.
Sono quelle che se hai l’unghia smaltata, ti giudicano inabile alla stesura di un qualsivoglia testo sulla tastiera del pc. Perché. si sa, con le unghie lunghe non si possono scrivere cose intelligenti.

Sono quelle che hanno un’immagine da sostenere, e dunque, che roba è tutta ‘st’eleganza? Non puoi certo andare in giro benvestita, ché prima che al guardaroba
c’è da rinnovare il pensiero, e se ti capita di indossare un tacco dodici mentre
parli dell’evoluzione linguistica nella poesia di Pascoli, hai commesso vilipendio
agli sforzi della guerriera anacronistica, quella che si sveglia la mattina misurando la circonferenza del brufolo mestruale e poi, metro alla mano, come obiettivo primario, ha quello di ergerlo a simbolo e orgoglio dell’intelligenza femminile.

E’ una guerra, signore mie, e dunque chi sono queste intellettuali che ostentano superiorità morale e non si curano di cause prioritarie, e come si permettono
costoro di levare gli scudi a chi si è concessa una messa in piega, che turba il loro occhio allenato alla misura delle capacità intellettuali come direttamente proporzionali alla sciatteria?

Figuratevi che dalle mie parti capita qualche volta che quando si parla di lividi alle donne picchiate dai mariti, si vorrebbe che queste fossero mostrate afflitte e violacee, così che oltre al dolore fisico, le poverette debbano soffrire anche quello spirituale di sentirsi deturpate. Di non sentirsi più vere donne, già che i mariti quella femminilità glie l’hanno strappata con la forza bruta e la violenza morale. Una donna, sfigurata dall’acido per metà faccia, ma truccata nell’altra metà, probabilmemnte si sentirà più sicura di sé nel raccontare la sua storia, e potrà fare da esempio alle altre migliaia di donne violentate e picchiate, che restano in silenzio, gridando attraverso il mascara: “possiamo farcela!”

E poi, mi raccomando, tornando all’argomento, se chiacchierate con codeste signore, tenaci combattenti in difesa della bruttezza femminea a tutti i costi, non osate andare a tacco alto ché se non vedono i vostri piedi sguazzare in uno zoccolo da quarto stato, con tanto di peluria in eccesso per dimostrare il disprezzo per la cura del corpo che non è un tempio, ma un contenitore sterile, non vi prenderanon in considerazione. Le donne vere sanno essere forti nei momenti peggiori, e cazzo se devono dimostrarlo, e non è che se si dimenticano di applicare il maquillage, allora sono più forti di quelle che si danno una passata di cipria prima di uscire di casa a sfidare il mondo. E quella cipria non deve per forza costare un salasso, ma se non la comprano al mercatino è perché quella è prodotta in Cina da schiave cinesi e venduta da capitalisti occidentali che se ne fregano della salute di chi la produce e di chi se la mette.

Attente allora, perché c’è da combattere anche contro stereotipi di quelli che a metterli in giro sono le streghe cattive, che se non sei conforme al modello dominante allora ti affibbiano la parte della damina del buon look, ché invece quelle sciattissime che non dormono al pensiero di averci un bel colorito luminoso e solare sono certamente mostri di prodezza e fortezza e temperanza. Poi ti insegnano a parlar di cultura e vorrei dirgliela ‘sta cosa che non la vendono al mercato e non si trova in giro per i campi. La cultura è un lusso perché non resta in allegato con il brufolo mestruale, la ricrescita nera o con il look finto povero, deciso comunque passando ore davanti allo specchio, per non rischiare di essere considerata elegante.

I bei pensieri vengono anche a quelle, putacaso, che non passano ore ed ore a
macinare acidume contro le altre, forse perché hanno di meglio da fare. Forse perché
la vita è più interessante se invece che copiare look stereotipati e spesso anacronistici si vive semplicemente come ci viene. (E questo, vedete, è identico, perché si può leggere decisamente in entrambi i sensi).

Confesso, io l’unghia non me la dipingo mai, al massimo una base lattiginosa, perché
mi sento protetta. E mi trucco non sempre, ma di frequente, e non sto a spiegarvi che senza copriocchiaie per me ogni trucco sarebbe inutile, e non vi tedio con i miei capelli lisci o ricci a seconda del tempo, come qualcuna ha fatto sottolineando però che non se ne cura, lei, dei capelli. E anche io sono affezionata a certe cose che piacciono a me, che mi stanno bene e che però non sono affatto la mia seconda pelle: sono solo un vestito che mi metto per uscire.

Il cervello lo indosso sempre, e non mi sono mai preoccupata di doverlo truccare, se non quando incontro quelle signore di cui sopra. Sono loro, infatti, che di fronte a ogni mia dichiarazione, o opinione – per quante lauree possa avere o per quante pubblicazioni abbia scritto – valutano la mia preparazione meno di zero, perché accompagnata da colpi di sole fatti di fresco, o da sopracciglia con una linea
definita. La sostanza di quel che resta si nota proprio in questo, signore. Nella capacità di sostenere l’eguaglianza e le idee, al di là dell’aspetto fisico.

Personalmente mi piacciono i cervelli al naturale, come quelli di certe signore che conosco e che stimo, intellettualmente oneste, per ciò che fanno e dicono e per quanto rappresentano posizioni spesso impopolari ché è assai più semplice dare loro addosso che stare dalla loro parte. Ma quando le vedo, non penso che siano più intelligenti o valide delle altre, solo perché non badano al loro aspetto fisico.
Così come non biasimo quelle che hanno molto da insegnarmi, compreso come si trucca un occhio stretto. Mia madre, una donna di estrema intelligenza e bellezza, mi ha detto una volta che una ragazza carina fatica il doppio ad imporsi, nel mondo del lavoro. Una mia cara amica, estremamente intelligente e affascinante, ma non bella, mi ha confessato che non le sarebbe dispiaciuto avere una bocca carnosa o un visino da bambola, ma che il non averli le ha fatto, forse, fare meno fatica. Entrambe queste donne hanno sempre portato avanti le loro idee e la loro personalità, sono femministe, eppure non hanno mai scelto la bellezza o la bruttezza come bandiera sotto la quale sventolare la loro preparazione e cultura.

Non la capisco, davvero, l’attitudine di chi nel web si divide in branchi, e non capirò mai perché le donne, per esempio, anche nel web, non riescano a fare rete, ché fare rete è la prima cosa utile da fare prima ancora che costituire il comitato alla difesa del diritto delle donne alla critica feroce della bellezza e alla sciatteria come indicatore di cultura.

Leggere certe cose in rete mi rimanda a quei brutti film in cui si racconta dei branchi di bulle che nei licei americani si chiamano cheerleader. Nelle università italiane invece si chiamano secchione. Perché sono pronte a lanciare secchi di escrementi alle colleghe ugualmente studiose e motivate, ma meglio vestite. A mettere loro i bastoni tra le ruote per poi comportarsi come una gattamorta qualunque, puntando inevitabilmente alle grazie del professore. Qui, in Italia, è una stagione prolungata e te la ritrovi ovunque.

A voi è capitato di incontrarne?

E giusto per essere giudicata avente diritto alla parola sui temi femminili vi giuro che faccio poco sport durante la settimana, ma cammino molto e vado in bicicletta. Mica per questioni etiche. E’ che in realtà io amo il mondo e preferisco sentir parlare due vecchietti nei bar sotto casa, di come le donne dovrebbero stare a casa a fare la calza, e poi incazzarmi a pranzo con le mie amiche, cercando di capire come sradicare il pensiero maschilista del nostro paese. Per poi convenire ancora una volta che molto maschilismo, purtroppo, lo praticano proprio le donne.” Fiamma Sanò

NB Il video è tratto da Julia di red Zinnemann, un film da me amatissimo, storia dell’amicizia tra due donne che più diverse non si può. Una rivoluzionaria appassionata, e una scrittrice borghese. Irrimediabilmente e meravigliosamente amiche.