Che vuoto hai lasciato.

Baratro, abisso furioso

In cui  mi hai immersa, dove nemmeno mi dibatto,

Sto.

Cerco, con orrenda fatica, il mio metodo, il mio rigore

La mia capacità di analisi che  venga in mio soccorso.

Schemi che mi proteggano, regole che mi indirizzino,

Teorie che dominino l’ansia

che mi paralizza.

Eri la mia anestesia, il prozac di giorni allineati,

all’apparire del primo vuoto di ossigeno,

la tua presenza mi allontanava dalle domande che premevano,

dal significato che non riesco più a trovare.

Mille pomeriggi invernali di corsa per vedermi un attimo,

nascosto dietro un angolo, sempre quello,

ad aspettarmi per correre in un rifugio che ti consentisse,

di guardarmi e regalarmi la forza per continuare.

Pomeriggi in cui sono diventata bella, bellissima,  voluta, amata.

Ore da cui riemergevo  forte, pronta al mondo armata del tuo amore.

Oh di questo sì, devo esserti grata,

di questo immenso regalo, di non avere preteso nulla durante il cammino.

Di questo muto donare di cui a lungo mi sono cibata.

Finalmente avevo vent’anni!

La vita è sottile, le cosce si sono fatte miracolosamente più snelle,

mi riveli tu sensuale nei gesti,

audace nelle richieste.

Mi mostro, mi scopro

Nessun lenzuolo mi nasconde

Sono.

Mangio il tuo sesso vogliosa e forte del mio potere.

Non è il mio sapere che vuoi?

Mi addentro e come! nei meandri segreti del tuo pensare

Parlo, ma non è la mia voce che ascolti.

Ho una schiena bella? Dici.

E sì  percorrila, e là ti accolgo.

“Quanti chilometri avrei fatto,

solo per sentire il tuo passo

e vederti ancheggiare”!

Dunque ero io?

Io carne, braccia, ventre, sesso.

E la testa…lontana.

Laura B.