Sputiamo su Hegel l’ho scritto perché ero rimasta molto turbata constatando che quasi la totalità delle femministe italiane dava più credito alla lotta di classe che alla loro stessa oppressione”, così scrive Carla Lonzi nel 1970, in quello che diventò un libro culto per le donne di quella generazione.

Avrei potuto scrivere questa frase io, pensavo qualche giorno fa, 41 anni dopo la pubblicazione da parte della piccola casa editrice Rivolta Femminile. 41 anni dopo, una vita fa. Carla Lonzi, trasgressiva critica d’arte, è morta giovane, purtroppo da tempo. Mi sono persa a pensare cosa proverebbe se fosse viva oggi, considerando che la ragione per cui scrisse il suo libro resta prepotentemente  attuale.
Mesi fa partecipavo ad una riunione di un gruppo “femminista”: la ragione dell’incontro era pensare ad un comunicato dopo la brutale aggressione da parte di un extracomunitario a Roma che aveva portato alla morte di una donna: uno dei problemi che venne sollevato e che trovò ampio consenso era “che non fosse  forse il caso di manifestare per denunciare l’ennesimo atto di violenza perché la destra avrebbe potuto manipolare la notizia e usarla per incentivare una politica contraria agli extracomunitari; inoltre “il partito” non consigliava prese di posizione nette…”. Ricordo che  guardavo le donne intorno a me e pensavo intanto alla donna morta massacrata di botte.
Prima di tutto Donna
, scrivevo in un post recente.

Scrive Lonzi: Prendendo coscienza dei condizionamenti culturali, di quelli che non sappiamo , non immaginiamo neppure di avere, potremmo scoprire qualcosa di essenziale , qualcosa che cambia tutto, il senso di noi, dei rapporti, della vita… 41 anni dopo so oggi con certezza che questa presa di coscienza non è ancora avvenuta. Concentrate sull’abbattere vecchi condizionamenti culturali, non ci siamo accorte che altrettanti erano in arrivo, diversi, anche più potenti, perché utilizzavano strumenti di diffusione e convincimento più forti.

Ma nel dare più credito alla lotta di classe che alla loro stessa oppressione, le donne di 41 anni fa nascondevano così come molte donne oggi, la paura di perdere lo sguardo di approvazione maschile, del compagno di lotta o di letto che fosse.
Paura che è rimasta inalterata se non rafforzata. Paura di essere prima di tutto donne.

Che noia mortale leggere le ennesime classifiche che ci vedono sempre più giù nella classifica del gender gap e in mille altri indici. Che umiliazione leggere che anche il NYT oltre a Newsweek e a Huffington Post e a cento altri hanno ormai direttrici donne. Che invidia verso la Germania quando vediamo Angela Merkel trionfare sulla copertina di Newsweek di questa settimana: Wunder Merkel ed infatti è meraviglioso vedere Obama e Michelle che attendono ossequiosi  la donna più capace e potente d’Europa, che arriva sì in splendida mise elegantissima ma da cui riesce a non farsi condizionare: ed è infatti lei che decide con uno sguardo, guardate il video, quando è il momento di dire basta ai fotografi e cominciare il lavoro.
Sempre le ultime invece noi italiane. Mi chiamano per propormi di far parte di un gruppo di lavoro, l’ennesimo (!) che raccoglierà le immagini lesive della nostra dignità dai media: così tra 4 anni potremo ridire, ribadire, ridenunciare quello che è lì sotto gli occhi già ora!
Siamo impotenti, e almeno diciamolo chiaro.
Abbiamo una paura fottuta, dirlo sarebbe importante, aiuterebbe a fare il punto.
Continuiamo a spostare l’interesse e il focus su temi che ci appaiono più importanti, più degni di attenzione: Santoro se ne va? Forse anche Fazio? Magari anche Floris? Mentana è già andato?
E chissenefrega!

Sputiamo su Hegel!

Quanti nomi femminili ci sono scritti due righe qui sopra? Contiamoli. Tutti gli opinionisti noti e strapagati sono maschi: occupiamoci di diventare noi ascoltate opinioniste, non di essere la claque della vita degli altri.
Carla Lonzi era una donna coraggiosa.
E coraggio significa avere preso coscienza dei condizionamenti culturali, averci lavorato con fatica sangue e sudore, e avere tirato fuori quel qualcosa di essenziale di noi che cambia proprio tutto, che ci racconta di noi da un altro punto di vista, che forse ci spaventa. Ma da lì bisogna passare per andare avanti.

Decisioni importanti stanno per essere prese in molti comuni italiani: indipendentemente dal numero di donne che verranno selezionate, le donne non sono state fautrici di queste scelte: ancora una volta siamo oggetto e non soggetto della scelta. Ancora una volta stiamo alla finestra, aspettando.
E un bell’esame di coscienza, un bell’atto di autocoscienza collettivo e si auspica definitivo, sarebbe oggi opportuno per capire perché molte donne preferiscano dedicare tutta la loro energia a urlare dei “no” di fronte ad una candidatura di una loro simile, invece di pronunciare un “SI” forte e chiaro per promuovere una donna.
Tutte intorno a sbranarci per  un osso lucido da tanto è rosicchiato: un poco più in là i soliti noti si stanno spartendo il bottino.
Spiace dire che questa mancanza di coraggio, questa paura di spostarsi di qualche metro e fare i conti con chi il potere lo detiene sul serio, questa guerra tra povere, è un problema che riguarda ormai solo le donne italiane.