Cara Lorella,
questo video era necessario. Il cambiamento c’è e si sente, posso testimoniarlo dal mio studio sulla rete. Solo un anno fa, prima del tuo documentario, il deserto o poche luci. Adesso è un moltiplicarsi di iniziative, blog, pagine su facebook, articoli, mail bombing ecc.. Si sta facendo strada una nuova consapevolezza, i numeri fanno già pensare ad una forza politica che sta cercando visibilità, voce. Siamo dentro il cambiamento, sono cominciate le prime scosse importanti, già si può intuire come potrebbe evolversi il fenomeno. Non è più possibile fermare chi ha aperto gli occhi e adesso vuole parlare e agire.
P.s= Non dimentichiamo anche l’eco che il tuo lavoro ha avuto all’estero. C’è una grande attenzione su questi temi sopratutto in Inghilterra e Usa ma anche nel resto dei paesi europei. L’uso del corpo delle donne nei mass-media rappresenta l’ultima frontiera dell’oppressione femminile, l’ultima forma di violenza simbolica. Il patriarcato che si credeva morto ritorna nell’immaginario televisivo dove le conquiste femministe come la liberazione sessuale delle donne sono svuotate e strumentalizzare per riaffermare il vecchio immaginario dominante-dominato, servo-padrone. Il corpo della donna è il centro, il perno attorno a cui ruotano i giochi di potere economici su scala mondiale dall’industria della moda e dei cosmetici alla chirurgia estetica all’ industria del sesso su scala globale con porno e prostituzione allargata grazie anche ad internet. Il tuo documentario solleva nuove questioni di filosofia politica, sociologia, antropologia. Quei corpi che certa politica ha usato per rafforzare il suo potere violento vengono ora cambiati di segno, sono riconquistati dallo sguardo delle donne, lo sguardo della compassione che li rilancia nelle immagini del documentario come denuncia politica e richiesta urgente di cambiamento. E’ un’operazione filosofica e politica di assoluto valore. Hai risposto a quella domanda di giustizia che la mia generazione stava aspettando. Adesso a partire da questa nuova visibilità riappropiarsi della parola è più facile, perchè nella consapevolezza di una nuova unione, di un obiettivo comune, il movimento può ripartire.
Copio qui una mail che ho appena mandato ai gestori di una sala cinematografica milanese.
“Oggi ho visto Rapunzel nel vostro cinema con le mie figlie di 5 e 10 anni. Prima della proiezione sono stati trasmessi uno spot della Twingo – Miss Sixty e uno della Tezenis che ritengo inadatti alla visione di bambini e bambine. E questo perché a una bambina di 5 anni (ma anche di 10) non credo sia già ora di spiegare cosa fanno a letto due persone sia etero che omosessuali, come non ritengo che una pubblicità di capi intimi debba rivolgersi a bambine di 10 anni presentando modelli di femminilità rappresentati da teen ager in pose seduttive. Spero che possiate in futuro fare più attenzione agli spot che trasmettete quando ci sono in sala bambini/e, in attesa di una vostra risposta mi guarderò dal venire ancora nel vostro cinema, e parlerò delle mie ragioni a tutti i miei conoscenti.”
Della Tezenis abbiamo già parlato, dello spot della Twingo si parla qui: http://giovannacosenza.wordpress.com/2010/12/10/larretratezza-della-donna-twingo-miss-sixty/ Ora, a scanso di equivoci, nelle mie conversazioni mattutine andando a scuola, mi è capitato di parlare con la mia figlia più piccola di gay e lesbiche – mi aveva chiesto se due uomini o due donne si possono sposare. Il problema che ho nei confronti dello spot Twingo non è dunque perché non voglio affrontare quel tema. Tra l’altro che ci siano famiglie con due padri o due madri ai miei figli è perfettamente chiaro. Ho molti altri problemi nei confronti di quello spot.
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E’ vero, siamo riuscite a far cancellare certi spot, su altri la questione è più sottile perché sembrano mancare gli appigli per farli sanzionare, e i pubblicitari sono furbi.
Sullo spot Twingo mi domando poi una cosa: cosa riflette, che target ha? Perché Annamaria Testa dice che la pubblicità riflette la società, ma a me sembra che rifletta solo una sua rappresentazione da Grande Fratello, per dirne una. All’estero ciò sembra avvenire in misura diversa. E nei cinema, alle proiezioni di certi film, si vedono ben altre pubblicità.
Quanto ai giornali, avrei quasi riso di come si sono arrampicati sugli specchi pur di spiegare lo scarso successo di certi spot senza fare menzione delle proteste delle donne e della stanchezza verso un certo tipo di rappresentazione che oltre a non rifletterci e a danneggiarci, ci insulta e disgusta. Non ho riso perché poi tutti quegli articoli su Belen finiscono per fare tanta pubblicità a tutti i suoi “sponsor”, e guarda caso uno di questi è la Twingo – Miss Sixty. Io comunque, come si vede, vado avanti, tra l’altro sempre più immune ai suggerimenti per gli acquisti.
Salve Lorella, ho molto rispetto per il tuo lavoro e trovo sia edificante il portarlo avanti nonostante tutte le forze contrarie che animano il nostro panorama sociale e politico.
Cara Lorella, ma perché non vieni a trovarci all’Università di Napoli “L’Orientale”. Ti scrivo, perché sono una studentessa che vorrebbe che tutti conoscessero che il cambiamento è arrivato, è ora!
aspetto tue notizie.
Vorrei segnalare che è in corso un’altra protesta in risposta al nuovo spot pubblicitario della Lavazza con Julia Roberts, visibile qui http://www.youtube.com/watch?v=QR5fS9Trvlk
Il cambiamento per me è un processo lento e lungo.
Il cambiamento, sempre per me, è un nuovo cammino che per lungo tempo è stato non assente, ma semplicemente non visibile, celato, spesso ritenuto utopico dai “purtroppisti” che hanno la gran dote di essere certi che nulla cambierà mai (non c’è una sola cellula nell’universo che non subisca un cambiamento o non si trasformi: chissà coma fanno ad essere così certi di un concetto così innaturale, stolti!).
Poi accade, e questo si che è un istante, che per un forte shock, o un urlo, o una visione in sogno si cominci ad intravedere quel cammino e con tanta buona volontà a raggiungerlo, spesso è sufficente un solo piccolo e facile passettino.
Sono perfettamente d’accordo: siamo già nel cambiamento perché tutt* noi lo siamo, e siamo in tant* in cammino lungo lo stesso percorso.
Poi le cose avvengono, di conseguenza, le pubblicità (concordo con Chiara, la rete s’intensifica e rinnova di giorno in giorno), poi la televisione, il mondo del lavoro… Le tematiche sono infinite ma tanto il tempo non esiste, e se poi è vero che esiste io sento di averne davvero tanto, l’urgenza non mi ha mai fatto paura.
I piccoli gesti, come quello che racconta Ilaria importantissimo, sono l’affermazione di esistenza, di individualità, di consapevolezza del quale chi “gestisce” (qualsiasi cosa pubblica) dovrà tener conto perché indietro non si potrà tornare!
Il cambiamento, per me, è ritorno alla responsabilità in maniera cosciente o, se necessario, indotta da una sempre più pressante richiesta del mercato che dovrà smetterere di essere un concetto standard di dati e dovrà tornare a riprendersi la propria identità: quella umana.
Lorella anch’io vorrei averti all’università l’Orientale! (^_^ due richieste sò meglio di una).
Tra le altre cose il 15 dicembre alle ore 19,00 verrà proiettato il Il corpo delle donne, con Simona Marino docente di Filosofia morale dell’Università di Napoli “Federico II”, in collaborazione con l’associazione Sott’e’Ncoppa – sportello Lilith.
Sarebbe stata una buona occasione.
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La pubblicità dell’auto con la bionda e la bruna: che però, si deve, dire hanno un’aria naturale, si usa comunque una donna in mutande e reggiseno per vendere un’auto e la scenetta strizza l’occhio alle fantasie dette maschili, una è chiaramente lesbica e l’altra invece per me è etero che si finge lesbica (la sessualità come moda, che è il messaggio veicolato dai giornali di gossip) per pigliarsi la macchina, della serie: le etero (quelle che scelgono i maschi) sono più furbe, l’inciso poi:”La competizione è femmina” oltre al fatto che è la solita tiritera delel donne che competono, solo hanno sostituito l’oggetto del desiderio, e ogni volta penso che se fosse vero mò altro che ginocrazia, ma quella non è una competizione è un furto col pacco! dovrebbero insorgere prima di tutto le associazioni glbt perchè è una presa in giro bella e buona, e non vale che: almeno cominciano a rappresentare le lesbiche in contesti normali, perchè è un contesto anormale usare questi argomenti per vendere un’auto. E sì la questione è molto più fina di un semplice/palese svilimento del corpo femminile.
Ho inviato ma volevo dire anche che il silenzio di Julia Roberts nella pubblicità del caffè è assordante: nemmeno una parola e quel sorriso cretino di chi non sta capendo niente! Quando l’ho fatto notare mi sono sentita dire: eh ma quella non parla italiano.. e perchè per George Clooney e John Malkovich i sottotitoli li hanno potuti fare, con la Roberts si facevano male alle mani? bella e zitta.
@Lisa Indubbiamente non è un cartone privo di difetti, ma è sempre più facile discutere quello che discutere lo spot, con due bambine. E noi le favole le leggiamo e guardiamo con un discreto spirito critico, in casa, tranquilla 🙂
a proposito di cambiamento, mi sembra positivo che il titolare di un blog lontanissimo dalle nostre tematiche scriva a proposito delle foto di Playboy vendute all’asta con le indicazioni manoscritte di tutte le correzioni virtuali da effettuare sui corpi:
“Lasciatemi per una volta pensare a come queste immagini stanno modificando il desiderio maschile contemporaneo (non solo nei lettori di Playboy ovviamente: con più o meno epidermide scoperta, lo stesso accade alle fotografie di moda, pubblicitarie, ai ritratti people eccetera). Senza essere troppo apocalittici, non sarà mica che stiamo creando un’umanità maschile di desideranti tecnologicamente stimolati e supportati, destinati a subitanei e ingloriosi crolli di fronte alla splendida, imperfetta normalità unplugged dei corpi veri?”
Interessante tutto l’articolo, dove si dà la ironica definizione di “libido elettronicamente assistita”, e anche i commenti. http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2010/12/13/il-sadismo-virtuale-di-playboy/
Scusi Lorella, quale cambiamento se il 90% degli spot continua ad offendere le donne quanto e più di prima?
Non crede che la stiano prendendo in giro ritirando una piccola percentuale di spot dimostrandole così che hanno più soldi di quanti lei possa immaginare?
Grazie, Lorella infatti ognuno/a di noi deve fare la sua piccola parte per cambiare le cose, troppo facile dire tutto è così e andrà sempre così, piccoli cambiamenti portano a grandissimi risultati e si vede
ciao a tutti!
Laura che pessimista!
Sono presenti ancora spot che offendono le donne perchè il cambiamento è graduale..intanto fino a qualche anno fa non si sarebbe nemmeno immaginato che le pubblicità sessiste attirassero così tante polemiche. Anzi non esisteva nemmeno la nozione di “pubblicità sessista” pressochè sconosciuta.
Nessuno immaginava nemmeno un documentario come il corpo delle donne…Il cambiamento si vede eccome…tutto dipende da noi se si vuole trasformarlo in una rivoluzione.
@mary
appunto l’hai detto: tutto dipende da noi se si vuole trasfomralrlo in una rivoluzione.
Rivoluzione è la parola e sta già avvenendo. Io e altre/i ci stiamo lavorando a tempo pieno, basta lamentarsi, agiamo, facciamo. La breccia è evidente.
@Lorella
Io ci sto mettendo un piccolo contributo. Non mi sarei mai aspettata che un paese maschilista, cattolico e arretrato come l’Italia vedesse un cambiamento così radicale nella coscienza della gente che vi ci abita.
La Mediaset, Rai, pubblicità & co ha persuaso la gente a radicare nel loro subconscio ancora di più arcaiche concezioni machiste da circa più di un ventennio, insomma ha fatto danni quasi quanto il ventennio fascista.
Non che l’Italia di prima non fosse maschilista, ma il movimento femminista era tra il più forti d’europa e le donne sapevano chi erano e cosa volevano.
E’ arrivato B. con il suo impero a mettere fine a tutto ciò per paura del pericolo che le donne rappresentavano in italia.
Sanno tutti che B. è l’uomo più maschilista d’italia, molto abile nel manipolare la gente per acchiappare voti figuriamoci nel manipolarli a convincersi che le donne sono solo bambole gonfiabili.
Ci sono voluti 20 anni ma i danni sono stati irreversibili perchè hanno colpito anche le donne che ora si sentono emancipate solo perchè possono rifarsi la bocca o mettersi in perizoma a sgambettare davanti a due uomini vestiti in giacca e cravatta.
Così ci siamo dimenticate il femminismo e B. con il suo regime aveva raggiunto l’obiettivo.
Io non so la vedo così..Io purtroppo non ho vissuto quegli anni…me li hanno solo raccontati….ho valutato il periodo storico della nascita del fenomeno di questa rappresentazione femminile e ho potuto notare che non è un caso se è nato proprio negli anni in cui il movimento femminista stava raggiungendo il massimo rilievo in europa. Ecco che il velinismo è stato un mezzo nato proprio per contrastare questo, manipolando le donne, convincendole che si erano emancipate solo perchè potevano apparire nude e non più in “velo” come 60 anni fa.
E’ una tattica tipica occidentale e non solo italiana. Nei paesi arabi per addomesticare una donna la si picchia, in occidente la si convince che è libera quando invece non lo è. E lo dice anche il provverbio “non c’è più schiavo di chi si crede libero”.
Sono molto contenta per questo cambiamento, senza di te non ce l’avremmo mai fatta.
Spero in un futuro in cui le domande che tu poni all’ultimo minuto del tuo documentario avranno già trovato una risposta (in parte l’hanno già trovata) e non saranno più necessarie e che quelle immagini svilenti che ci mostri nel tuo video restino solo un brutto ricordo.
*ps potresti cancellare l’altro mio commento? è pieno di refusi 🙁
Una studentessa universitaria mi ha scritto inoltrandomi la foto di un manifesto abusivo spuntato a Milano di fianco ad una pubblicità raffigurante una modella. Lo striscione abusivo dice: “QUELLA RAGAZZA NON E’ TUA” riferendosi alla pubblicità di fianco. Il manifesto ovviamente ora è stato prontamente rimosso ma potete vederlo qui: http://vitadastreghe.blogspot.com/2010/12/quella-ragazza-non-e-tua-milano-spunta.html
Mi inoltra anche la foto di un adesivo contro gli stupratori spuntato nei bagni dell’Università Statale. La ragazza dice che di questi manifesti/adesivi ne sono spuntati diversi a Milano.
Non è forse un segnale?
@ Giorgia Vezzoli. Personalmente sono contraria a ogni forma di comunicazione volta a “far sapere” agli uomini che le donne non amano essere stuprate. (Notare l’ironia) Sono contraria al punto che non solo trovo questi messaggi controproducenti, ma addirittur…a offensivi, come se le donne non fossero che degli esseri senza difesa, senza forza, “disabili”. Mi sembra che questi messaggi mirino piu’ a “supplicare” gli uomini che non a rafforzare le donne e le loro coscienze. Ben venga l’azione sui manifesti pubblicitari. Ottima idea. Ma affinche’ funzioni e non danneggi ancora di piu’ la situazione critica in cui ci troviamo ritengo fondamentale mirare a un messaggio di tipo diverso. Se da una parte ci lamentiamo che le pubblicita’ che ci offendono sono rivolte a un pubblico maschile (di maschi stereotipati), dall’altra – nel boicottarle – non dovremmo cadere nello stesso errore, ma rivolgerci a tutti e tutte, all’intelligenza comune. Non dire agli uomini “non mi violentare x piacere”, ma mettere a nudo la pur ovvia stupidita’ di quei messaggi pubblicitari che alimentano false ideologie e un’immagine femminile non reale.
Che bello, Lorella!
in questi tempi tristi e grigi, ci siamo rese conto che non è tutto buio e che qualche lucina è lì, pronta a brillare sempre più forte, fino ad accecare quelli che hanno deciso di tenere gli occhi chiusi!
Ottima idea, questo video: spesso, nella foga di demolire, ci si dimentica di quello che si è costruito.
ciao Lorella .. ho visto più volte il filmato, ma mi chiedo, io che sono ”al di fuori” del mondo della tv, nel senso che non guardo la maggior parte dei programmi “incriminati” . Come faccio a difendere me stessa dall’ ideologia che la tv sta diffondendo, come faccio a bloccare questa diffusione?
Complimenti Lorella, parli chiaro e vero.
Un consiglio solo a te e a tutte/i coloro che intervengono sul blog e che partecipano, diffondono, protestano: ricordatevi sempre di includere gli uomini, non colpevolizzateli a prescindere. Spiegate agli uomini intorno a voi che cosa state facendo: l’accettazione dell’immagine proposta dalla tv e dalla pubblicità è molto meno sincera di quello che si crede. Ma è molto diffusa l’impressione di essere strani, fuori luogo, antichi o naturalmente gay se si affrontano certi temi: immaginate un uomo che osa criticare il culo di Belen in mezzo a 10 colleghi! Anche se qualcuno è d’accordo con te, non lo dirà.
Insomma secondo me si deve puntare a includere il più possibile il sesso maschile in una battaglia che non è solo per la dignità delle donne, ma anche per la dignità dell’essere umano. Creare due fronti contrapposti non è utile a vincerla.
@Riccardo grazie,
Il tuo commento mi da la possibilità di sottoporre una riflessione sul quale m’interesserebbe avere opinioni.
Premetto che in questo spazio non ho avuto mai la sensazione di trovarmi da una parte di due fronti contrapposti e il fatto che il progetto (documentario) sia nato proprio da un dialogo tra una donna e due uomini (i tre autori) mi conferma gi intenti.
Una domanda però da molto tempo mi viene spesso nella testolina: dove risiede la capacità d’indignazione degli uomini sulla rappresentazione del maschile?
Credo che comprendere il sesso maschile nel cambiamento, cosa davvero auspicabile e che non ho mai pensato non possa accadere, preveda una presa di coscienza della lesione alla propria dignità da parte del maschile.
Alla luce di una riflessione di Lorella Zanardo in un recente dibattito al quale ho assistito che mi ha dato molti spunti, penso che quello che io posso fare è proporre delle tematiche che conosco, far notare le problematiche che riconosco, rendere pubblica la mia indignazione, ma non posso farmi carico anche della dignità del maschile che, proprio per la differenza che ci caratterizza (soprattutto in una cultura che sostiene la separazione), non conosco.
Cosa potrebbe portare a rendere interessante, agli occhi del maschile, il dissentire dal modello di virilità proposto?
Mi rendo conto che le argomentazioni sono vastissime, ma come dire, ho la sensazione che sia necessario che il maschile si metta al passo alla svelta con una riflessione su di se non sull’altra e talvolta, così come accade spesso alle donne che non accettano il modello proposto, può voler dire avere il coraggio di rendersi impopolare non aderendo agli stereotipi, facendosene beffa…
Il cambiamento è partito da una riflessione sul femminile e in questo caso sono contenta che il corpo femminile ne sia diventato strumento, ma per renderlo potente bisogna costruirlo insieme.
Come posso “comprendere” nel cambiamento qualcuno che magari è d’accordo com me, ma tanto non me lo dirà?