Come ho avuto più volte modo di ricordare qui, non ho fatto parte del movimento femminista. Un po’ perché nel ’68 ero piccola, un po’ perché successivamente ho fatto altro. Però in questi ultimi anni mi sono spesso chiesta, cercando di tornare indietro con la memoria, quale fosse  stata la ragione del mio disinteresse. Certo che la ragione principale per me è stata che io con l’orgoglio del mio essere donna e femmina ci sono nata, mai avuto bisogno di ricordarmelo o farmelo ricordare. Proprio un sentimento forte che unisce consapevolezza di sé, autostima, nessun complesso di inferiorità verso il maschio (mi sono sempre soffocata dal ridere pensando a quel gran bluff dell’invidia del pene…).

E con tenerezza mi sono ricordata dei miei primi giorni nella grande multinazionale dove entrai al termine del  master in economia : unica donna, giovane  carina . La scelta delle miei colleghe in altre realtà  aziendali era univoca: bisognava far dimenticare che si era donne, pena l’essere considerate inferiori. Insomma il contrario di ciò che accade oggi dove il corpo viene usato per far carriera. Ricordo la mia amica Giulia, bellissima, che si camuffava da brutta tanto che chi la conosceva in ufficio e poi la incontrava casualmente ad una festa, non la riconosceva.

Io lottavo per essere me stessa, facendo piu’ fatica nel farmi accettare, ma non rinunciando a esprimermi spontaneamente. Tenevo i capelli lunghissimi a cui tenevo molto, portavo la gonna e non ho mai rinunciato ai tacchi. La prima volta che entrai ad una convention  per il lancio di un nuovo prodotto e c’era la forza vendita al completo, centinaia di uomini ed io la sola donna, fu un evento. Ebbene: in tanti anni in azienda nessuno mi ha mai mancato di rispetto, mai una provocazione sessuale, mai uno sguardo fuori luogo. Mai. Negli anni ho stabilito rapporto di stima  considerazione e affetto che conservo tuttora. Con i miei tubini, con i miei tacchi, con i miei capelli lunghi.

Sono convinta che tutto parta dallo sguardo che racconta all’altro  chi siamo e che tipologia di relazione possiamo impostare. Difficile che uno si allarghi se il tuo sguardo imposta la relazione così come deve essere. E qui non mi riferisco alla violenza, che ha altri presupposti. E’ stata dura ma questo mio tenermi stretta alcuni simboli del femminile, che nascondevano significati profondi, mi ha salvata da una mascolinizzazione feroce che in quegli anni imperava. Non ho quindi mai capito perché molte tra le donne che  si definivano femministe dovevano per lo più apparire come un maschio  non solo esteriormente ma anche attraverso comportamenti che negavano il femminile profondo, doti come l’accoglienza, l’empatia, il prendersi cura. Negando spesso  anche la seduzione tra uomini e donne, che è una gran bella cosa della vita.

Non giudico mai dall’aspetto le persone, trovo che sia un ingabbiamento idiota; devo  però ricordare che  non riscontro  uguale apertura mentale da parte di chi mi trovo  di fronte. Ho iniziato  da poco quindi a frequentare le femministe, anche quelle storiche, e ho scoperto alcune donne meravigliose, alcune “grandi vecchie” che mi reputo fortunata ad avere conosciuto, delle vere maestre, punti di riferimento fondamentali. Resta però l’impressione che ebbi molti anni fa, di una rimozione del femminile profondo, di una durezza interiore, di un rifuggire modi del femminile oggi indispensabili.  E fa strano che in luoghi definiti “delle donne” ci siano modalità più maschili di quelle adottate dagli uomini.

Hanno ragioni talvolta le ragazze quando denunciano questa durezza nelle “femministe” che spesso le allontana e le fa sentire sole.

C’è stato forse un tempo dove, per esistere, si è state costrette a sembrare uomini. Oracredo sia venuto il tempo di  mostrare  al mondo chi siamo, interamente.