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Matteo è stato chiarissimo nel dare indicazioni, ma io distratta come sono, ho lasciato la sua mail con la piantina di Nave a casa.

Ci aggiriamo, Cesare ed io, nella provincia bresciana, quella operosa fatta di piccole fabbriche e di una ricchezza che, fino ad ieri, aveva portato benessere diffuso quasi a tutti. E  qui la Lega ha attecchito un po’ ovunque.

Siamo stanchi, questi sono giorni densi di impegni, ieri eravamo in una scuola ad un dibattito con 250 studenti. Che è bello e faticoso allo stesso tempo. I ragazzi vogliono spiegazioni e ti sgamano subito se non sei “vero”. Alla fine di incontri così sono esausta, mi sento svuotata, cerco di dare tutto ciò che posso ma devo imparare a dosare le energie.

Siamo sempre in giro, molto in Toscana, Umbria, Lazio, Emilia.

Noi siamo di Milano ma dalla nostra città riceviamo pochi inviti; le ragioni sono tante, la prima delle quali probabilmente è da imputarsi ad un malinterpretato significato dato alla parola politica.

Le scrivo perché a Nave organizziamo dei cineforum tematici e da quando abbiamo scoperto il vostro documentario abbiamo pensato che sarebbe bello inserirlo in un ciclo misto di film e conferenze per riflettere sui mass-media. Ci piacerebbe molto poterla invitare in occasione della proiezione del documentario per riflettere con lei sulla televisione” mi ha scritto a dicembre Matteo, “i cineforum di cui le parlo sono organizzati dall’oratorio ed in particolar modo dal curato stesso, Don Enrico e da alcuni collaboratori, tra cui io stesso.

In attesa di un suo parere, la ringrazio a nome di molti (il video l’abbiamo fatto girare…) per il lavoro serio e coraggioso che state facendo. “.

Domani parto per Roma, altre proiezioni, spesso due al giorno, a volte in inglese.

Non potremo andare avanti così per molto, le energie si esauriscono, poi c’è il blog, le centinaia di mail, il libro che sto scrivendo.

Da Matteo però vado volentieri, ho imparato a capire già dalle mail che ci invitano, dove mi sentirò a mio agio, dove ci sarà apertura, dove le critiche arriveranno ma saranno motivate dal  bisogno di comprendere e non di distruggere.

Chiediamo indicazioni all’unico passante, sono già le nove di sera, e con 20 minuti di ritardo, arriviamo a destinazione.

Don Enrico è  giovanissimo e ci accoglie con calore, Matteo arriva poco dopo.

Il teatro/cinema della parrocchia è bello e grande e possiamo proiettare sul grande schermo.

Cinquanta persone raccolte in piccoli gruppi ci attendono seduti.

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Iniziamo sempre spiegando come abbiamo costruito e diffuso il documentario: 3 minuti in cui invitiamo i ragazzi e le ragazze a ripetere l’operazione per diffondere i messaggi che reputano importanti.

Dopo la proiezione introduciamo i temi del corpo oggetto, del volto. Cesare racconta dell’Auditel.

Rompiamo il ghiaccio, le domande arrivano sempre.

Una signora seduta da sola, sulla sessantina, forse una maestra, chiede con un misto di preoccupazione e urgenza perché non ci sono delle regole in tv, perché tutto è permesso. Il suo piglio mi piace, mi pare piena di dignità e fermezza. A volte ci si dimentica che le persone, le donne, possano essere così.

Un uomo, anche lui da solo, chiede la parola e a voce alta mi sollecita una risposta: “Perché voi donne non vi ribellate? Perché accettate tutto questo?”.

Non c’è, qui a Nave, quel senso di religiosità bigotta che incontro talvolta.

Tutti chiedono liberamente, tutti intervengono interessati.

Pare uno di quei casi in cui la Chiesa supplisce egregiamente alla carenza di spazi ed iniziative comuni.

Mi pare solo per un attimo di percepire un lieve imbarazzo quando sono io a chiedere perché secondo loro, la Chiesa così solerte ad intervenire nelle decisioni italiane, sul tema del corpo della donna in TV, almeno ufficialmente, lascia correre e molto.

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Ma qui la Chiesa ufficiale è lontana, qui si vede che l’oratorio offre strumenti di approfondimento e formazione. Matteo e gli altri ragazzi dell’oratorio sono simpatici e pieni di voglia di fare, ci attardiamo nella discussione.

3 ore passano veloci e alla fine si crea un clima di complicità, di condivisione che è poi quello che ci motiva, che ci fa continuare.

Mille luoghi come Nave, migliaia di persone che in serate invernali fredde e nebbiose scelgono di uscire di casa per confrontarsi. Il video lo potrebbero vedere seduti comodamente a casa davanti al pc. Invece si mettono scarpe e cappotto, prendono l’auto o escono a piedi, arrivano, entrano , si siedono, guardano i vicini, provano simpatia o antipatia, a volte ne vale la pena di uscire, a volte no. Ascoltano, alcuni sono timidi, altri spavaldi. Uno interviene e gli altri applaudono d’accordo. Altre volte uno interviene e gli altri pensano che al mondo ci sono un sacco di cretini.

Però scelgono di confrontarsi o meglio di incontrarsi.

“Il fare politica” potrebbe essere questo? O almeno anche questo.