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“Ma scrivi un blog sulle donne? Ma allora sei femminista!”

“Sei stata manager per anni in grandi multinazionali? Ah, ma allora… non puoi capire… noi veniamo dalla militanza…”

“Guardi il documentario non è male, ma sa lei è regista, io sociologo e la realtà la conosco…”

“Frequenti la Libreria delle Donne? Ah io non sono d’accordo con il loro pensiero quindi il Manifesto del Lavoro non lo leggo nemmeno.”

“No dai! Non ci credo! Alla tua età con il ruolo che hai… chi l’avrebbe detto… un tatuaggio… no…”

“Leggi la Repubblica… ah… allora capisco… sei radical chic eh?”

“Legga questo libro… e comunque legga… e’ importante, voi donne d’azienda tutte numeri e niente cultura!”

“Vedi come si veste? Già capito chi è.”

A capo

A capo

A capo

Gli stereotipi ci ammazzano. Intendo che eliminano la possibilità del meticciato, che tanto ci farebbe progredire.

Vedi una persona, e da un dettaglio ti costruisci un interpretazione tutta tua, tutta di testa che impedisce l’approfondimento.

A capo

Nel 2006 sono stata al World Social Forum a Caracas: per motivi oscuri, molti degli italiani presenti trovavano “esotico” che una donna come me fosse lì. Non so, sarà stato come mi vesto? Il modo che ho di muovermi? Come parlo? Quello che ho fatto nella vita? Un razzismo feroce nei miei confronti. Il bello è che questo problema non esisteva con tutte  le altre nazionalità. Cosicchè mi sono stufata ed ho frequentato solo stranieri trovandomi benissimo. Non mi pare che nessuno desse importanza a dettagli esteriori per risalire a chi ero io. Meno stereotipi.

A capo

Anni fa lavorai per un periodo in una grande casa editrice, prima ero stata in una multinazionale che produceva beni di largo consumo.

Un top manager già dal primo giorno, senza nemmeno domandarmi chi io fossi, cominciò a darmi consigli di lettura con aria bonaria/spocchiosa, sottolineando il fatto che, “noi delle business school” eravamo certo degli ignoranti.

Mi stava enormemente sulle scatole: un giorno si dilungò a spiegarmi con dovizia di particolari quanto il teatro meritasse di essere visitato, almeno ogni tanto: io in teatro inglese sono laureata.

E ricordo che provai un disprezzo enorme per la sua arroganza. Lui se ne accorse ma perse l’occasione di interrogarsi sulle ragioni del mio sguardo.

A capo

Il Manifesto del Lavoro che ho scritto insieme a 7 donne della Libreria delle Donne, è obbiettivamente un documento interessate e molto innovativo. Alcuni mi hanno scritto lamentando che la Libreria è un posto di femministe, che “tizia” era antipatica, che come mai io frequentavo un posto così elitario… e insomma non ci sia aspettava da me che io fossi così schierata.A capo

E dunque? Gli stereotipi sono brutte bestie. Non basta nemmeno fare Il Corpo delle Donne: è sufficiente uno sguardo e, se hai i tacchi, sei una seduttrice.

A capo

Le streghe, personaggi tra i più interessanti che mai mi sia capitato di incontrare, sono donne che vivono fuori dalle gabbie in cui ci costringe la società e che rifiutano gli stereotipi.

Femmine audaci, vivono come le aggrada sempre alla ricerca di stimoli che vanno a cercare là dove fiutano ci sia l’ebbrezza della scoperta, l’eccitazione della scoperta.

Se le si lascia fare, provocano spesso voglia di vivere sfrenata tra chi le frequenta: direi che varrebbe la pena di provare.

A capo

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P.S. “L’arte della gioia” è un libro meraviglioso di una donna che viveva fuori dagli stereotipi: Goliarda Sapienza. E per punirla le hanno tenuto il manoscritto per anni in un baule, senza volerglielo pubblicare.