LA BBC SU “IL CORPO DELLE DONNE”

Il mio inglese è molto scolastico, non sono una cima. Qualcuno per caso ha voglia di tradurlo? ^^

Una cinquantina di adolescenti italiani siedono in un’aula della loro scuola, guardano un documentario chiamato “Il corpo delle donne”.

Bisbigliano e si muovono sulle loro sedie, ma hanno già visto tutto prima. Il documentario mostra una serie di donne vestite con tacchi e poco altro. La loro occupazione principale sembra essere danzare, fare lo spogliarello ed essere chiamate stupide dai maschi che stanno loro intorno, ridacchiando e facendo finta di non saper rispondere a delle domande. Le ragazze della tv sono le Veline, showgirl che sono alla base dell’intrattenimento per la famiglia nella televisione italiana. Il documentario è stato visto da più di un milione di persone sul sito omonimo e da altri ancora su YouTube. E’ stato tradotto in Inglese, Spagnolo, Greco, Francese e Portoghese. E non è stato fatto da un giornalista ma da una donna comune – una professionista di nome Lorella Zanardo, che dice: “Ero arrivata al punto di disperarmi ogni volta che accendevo la televisione” “C’è solo un tipo di donna sulla TV italiana: la donna con un bellissimo corpo e niente cervello. E’ un messaggio terribile per le ragazzine che sono in fase di crescita: vedono che la strada per il successo è data dal loro corpo, mai dal loro cervello”.
Percorso veloce per le “bimbe”
Lorella Zanardo lo ha proiettato nelle scuole e spesso chiede di verificare quante ragazze tra quelle che l’ascoltano vogliano diventare delle showgirl, rimanendo sorpresa dalla moltitudine di mani che si leva. Lydia, 16 anni spiega perché: “E’ come devi essere se vuoi diventare una conduttrice televisiva. Anche se si tratta di leggere le notizie o di entrare in politica. Io prenderei in considerazione questo lavoro, anche se mi sentirei imbarazzata a non indossare vestiti”. Alla battuta rispondo risatine divertite. Ma la classe sa che per le ragazze sullo schermo “meno” significa sempre “di più”. Vecchie showgirl sono passate ad avere carriere desiderabili nel giornalismo, nella conduzione di programmi televisivi e persino in politica. Il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, ha scelto, tra le polemiche, di candidare delle ex-veline per il Parlamento Europeo. Le così dette “bimbe di Berlusconi”, compresa una concorrente del Grande Fratello, una precedente candidata a Miss Italia e un’attrice di soap opera. Nessuna di loro aveva alcun background o formazione specifica in politica o economia. Alla fine solo una, Barbara Matera, ce l’ha fatta ad entrare nel Parlamento Europeo.
Accuse di discriminazione verso la vecchiaia
I critici di Berlusconi in Italia sostengono che la cultura non è solo di sua proprietà – la TV pubblica, infatti, è oggi altrettanto sfacciata di quella del suo impero privato.
La massiva risposta tramite internet al documentario include commenti sull’assenza di donne più adulte nella TV italiana. Alcune sequenze del documentario mostrano una serie di conduttrici che si assomigliano fisicamente in modo inquietante, a causa della chirurgia plastica usata estensivamente.
Ma l’Italia non è sola in questo. Il Regno Unito ha assistito ad un acceso dibattito sul fatto che donne adulte come la presentatrice di notizie Moira Stuart e il giudice del programma di intrattenimento “Strictly Come Dancing” Arlene Phillips sembravano essere state cacciate dal programma a causa della loro età.
Con un background in business e con una voce calma e gentile Lorella Zanardo non è esattamente la versione italiana dell’impegnato direttore Americano Michael Moore. Tuttavia sta suscitando controversi dibattiti in Italia. Un quotidiano tradizionale, Libero, ha attaccato la sua “crociata”, chiamandola “sedicente professoressa di cosa sia giusto, sbagliato”, e “pericoloso”. Un altro articolo si domanda: “Abbiamo forse noi bisogno di lezioni su come guardare la TV?”
Ritornando all’aula scolastica, nessuno può costringere gli studenti a tener per sé le proprie opinioni. “Nessuno le forza a farlo”, sostiene una ragazza. “Mostrami un lavoro in televisione in cui si hanno i vestiti addosso”, replica qualcun altro. Sono giovani donne e uomini come questi che alimentano un dibattito, fino ad ora è esistito sopratutto online, che sta sfociando ormai nei media tradizionali, in Italia e anche all’estero.

Grazie del video, molto interessante per me chenon guardo quasi mai la TV. Mi piacerebbe sapere com’è il ruolo della donna nelle altre TV del mondo. E, comunque, come cambiare le cose, come cambiarci dentro noi…vittime di tutto ciò…

@federica.
Per quanto riguarda in particolare la donna in pubblicità negli altri paesi europei, sul libro “Ma le donne no” di Caterina Soffici sono riportati dati da un rapporto dell’Easa (European Advertising Standards Alliance) che passa in rassegna diverse legislazioni europee e regolamenti di autodisciplina sulla pubblicità, in riferimento al genere. Paesi come Austria, Belgio, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Polonia, Olanda, Svezia, Spagna, Slovacchia, Finlandia.. hanno tutti delle leggi o regolamenti in cui – in modi diversi – si proibisce l’uso mercificato del corpo – in particolare il corpo nudo o seminudo con un uso non attinente strettamente al prodotto pubblicizzato – e le discriminazioni di genere. In Francia si dice: “La pubblicità non può ridurre la persona umana, e in particolare la donna, a un oggetto”. In Svezia si proibisce in maniera esplicita anche l’uso di streotipi sessuali nelle pubblicità (tipo donna casalinga, uomo guerriero).
Sulla Spagna, riporto qui una citazione dal libro, che avevo postato sul forum. Lì contrastare una vecchia e sterotipata immagine di donna è considerato essenziale per la prevenzione della violenza sessuale, in un più generale impegno educativo e culturale per migliorare le relazioni tra i sessi:
“Discorso a sé merita la Spagna. Qui la pubblicità sessista è illegale e la proibizione è inserita nella legge contro la violenza di genere. E’ la prima legge fatta approvare dal leader socialista Zapatero il 28 dicembre 2004[…] José Louis Rodriguez Zapatero, l’icona della sinistra giovane e movimentista, laica e moderna, l’idolo delle giovani coppie, dei gay e delle ragazze, promuove l’immagine della Spagna come paese più innovatore d’Europa attraverso una normativa di grande impatto. Vietare la pubblicità sessista come misura di prevenzione della violenza di genere è già un messaggio fortissimo, perché dà per scontato qualcosa che altrove stenta a essere riconosciutio. Si ammette la necessità di intervenire sull’immaginario proprio in uno dei luoghi dove prospera la cultura che genera la violenza. […] La pubblicità, si legge nel primo capitolo della nuova normativa, “dovrà rispettare la dignità delle donne e il loro diritto a un’immagine non stereotipata, né discriminatoria, sia che la donna intervenga nei mezzi di comunicazione pubblici che in quelli privati”. Si dice chiaramente che “la violenza di genere non è un problema che riguarda la sfera privata. Al contrario, rappresenta il simbolo più brutale dell’ineguaglianza esistente nella nostra società. Si tratta di una violenza che si rivolge contro le donne per il fatto stesso di essere tali, per essere considerate dai loro aggressori carenti dei diritti minimi di libertà, rispetto e capacità decisionale”. Le parole usate sono forti e inequivocabili. Non è una semplice enunciazione di principio. Si definisce la violenza come una “manifestazione di relazioni di potere storicamente diseguali tra donne e uomini”. Il cotrollo della pubblicità è inserito tra gli strumenti di prevenzione e quindi si dà il potere a una moltitudine di soggetti “a esercitare davanti ai tribunali l’azione d’interruzione della pubblicità illecita”.
Di pari passo, per insegnare fin dall’età scolare il rispetto della persona e l’eguaglianza dei diritti si interviene direttamente nelle scuole. La stessa legge introduce l’Educazione all’uguaglianza tra uomini e donne come materia curriculare. E’ prevista anche l’aggiunta in tutti i consigli scolastici di un nuovo membro che promuova misure educative volte a questo scopo.
La legge è talmente chiara e categorica che nel corso del 2006 (ultimo dato disponibile) in tutta la Spagna si è avuto un solo reclamo contro una pubblicità ritenuta offensiva dell’immagine della donna, cioè solo lo 0,53 percento di tutti i reclami ricevuti nel corso dell’anno dall’Associazione di autocontrollo della pubblicità.

Oh grazie mille per la traduzione, davvero gentile ^^
Articolo interessante, interessante soprattutto sapere che all’estero questo dibattito è preso molto più sul serio di quanto non venga fatto qui da noi.
L’altro giorno guardavo su Youtube una puntata del programma di Giletti di cui onestamente al momento non ricordo il nome. Il dibattito era proprio sul femminile in televisione. Una giovane conduttrice, e scusate anche in questo caso non ricordo il nome ma io di tv non me ne intendo molto, diceva in modo sommario “fare la valletta è una gran bella cosa, ti insegna il mestiere e ti prepara”. La cosa particolare è che a nessuno è venuto in mente di risponderle “eh perchè i maschi invece prima di fare i presentatori non fanno i valletti?”. Tra l’altro un dibattito condito da presenze al limite del ridicolo: Flavia Vento, Raffaella Fico, un’attrice di cui non ricordo il nome ecc… Insomma, come parlare di astrofisica e invitare in studio Pierino. Che tristezza!