Questo post è scritto da Marina Terragni. Condivido in toto.

Giornataccia politica, ieri, amiche e amici.
L’autocandidato governatore della Lombardia Gabriele Albertini che mentre raccoglie firme ai suoi gazebo minaccia l’ex alleato Formigoni di “dire cose che lo metterebbero a terra”, un ricattino stile Chicago anni Venti. Poi ridimensiona e precisa che non sono cose penalmente rilevanti, il che fa pensare che lo siano almeno politicamente. Nel qual caso invece di ricattare si deve dire, perché quello che è politico è di tutti.

Mentre attendiamo notizie da Albertini apprendiamo che le liste elettorali, alla faccia di ogni proposito di moralizzazione, potrebbero ospitare un gran numero di inquisiti, dal Pdl con Cosentino al Pd con Crisafulli. E ognuno guardi in casa propria. I vari garanti sono al lavoro, le liste saranno chiuse fra una settimana, c’è tutto il tempo per aggiustamenti e sostituzioni. Che tuttavia dovrebbero riguardare non solo gli inquisiti, ma anche le candidature eticamente riprovevoli, catalogabili nella cartella Parentopoli, o Mogliopoli, o Figliopoli, in qualche caso Maritopoli, Cognatopoli e Generopoli.

Ieri grande agitazione su Twitter (#tengofamiglia) per il caso di Pierferdinando Casini che oltre a se stesso, superveterano della politica capolista in cinque regioni, intende candidare in posizioni blindate la moglie del fratello Silvia Noè (Cognatopoli) e l’amoroso della figlia Fabrizio Anzolini (Generopoli).

Problemi anche in casa Pd, che per fare solo qualche esempio candida a Milano nel listino di Bersani, e nessuno riesce a a capire per quali meriti civici e come mai esportata su al Nord, la romana Fabrizia Giuliani, autoproclamatasi candidata di Se Non Ora Quando -Snoq smentisce e se la leva di dosso-, semmai moglie del dalemiano Claudio Mancini, già assessore al Bilancio nella giunta Marrazzo, coinvolto con i vari Fiorito nelle “spese pazze” in Regione Lazio e non più ricandidabile: lui no, ma lei sì. Qui siamo in piena Mogliopoli. Clamorosamente Figliopoli, invece, la candidatura di Marietta Tidei, figlia del potente sindaco di Civitavecchia, che alle locali primarie -indovinate come mai- è passata con percentuali bulgare: 94 per cento.

Secondo il sociologo Edward C. Banfield il familismo amorale è la chiave di ogni arretratezza italiana. Il titolo del suo celebre saggio del 1958 sull’amoral familism non lascia dubbi: The Moral Basis of a Backward Society (Le basi morali di una società arretrata). E l’uovo del familismo nasce senz’altro prima di ogni gallina mafiosa e ndranghetista: la faccenda va stroncata lì.

Che un partito che si dichiara progressista come il Pd non metta un fortissimo impegno in questa direzione è cosa grave: il Comitato dei Garanti -Francesca Brezzi, Luigi Berlinguer, Francesco Forgion, Mario Chiti– che sta vagliando le candidature dovrebbe occuparsene con il necessario rigore, portando alla luce i mugugni della base e dando una prova di trasparenza che aumenterebbe i consensi. Del resto l’ottimo Codice Etico del Pd, che fa riferimento spesso alla questione “parenti e affini”, dice espressamente che “ogni componente di governo, a tutti i livelli, del Partito Democratico si impegna a: non conferire né favorire il conferimento di incarichi a propri familiari” e che gli eletti o gli aventi incarichi nel partito “rifiutano una gestione oligarchica o clientelare del potere, logiche di scambio o pressioni indebite“.

Quanto alle donne: e’ pur vero, qualcuno dice, che quando si applicano quote “rosa” -mi scuso per dirlo in modo così orribile- come nel caso di questa tornata elettorale, è facile che entri una percentuale di mogli e figlie “segnaposto”. Capita anche nei cda costretti ad aumentare la partecipazione femminile. Sono gli uomini a decidere, e si sentono più tranquilli a candidare “donne di”, scelte per ragioni dinastiche: gli pare così di non sprecare una posizione e di poterla più efficacemente controllare. Perché le donne in gamba, si sa, hanno il difetto di ragionare con la propria testa. Eppure non è fatale: a Milano il sindaco Pisapia, primo ad applicare, probabilmente non senza fatica, il 50/50, ha scelto le donne della sua squadra sulla base della loro professionalità e del loro autonomo valore, non in quanto parenti di. I fidanzati, i mariti, i padri o i cognati delle nostre assessore ci sono per fortuna del tutto ignoti, ed è uno stile che ci piace molto. Fabrizia Giuliani a Milano è un’outsider anche rispetto a questo stile.

Come vedete, quindi, si può fare. Anzi, si deve. A ogni costo.

P.S.: per ogni parente in più, un meritevole in meno, e a danno di tutti. Il succo poi è questo.