Pubblichiamo il testo del discorso introduttivo di Silvia Buzzelli, professoressa associata di procedura penale europea e sovranazionale all’università di Milano Bicocca, all’incontro pubblico con Salvatore Borsellino svoltosi a Monza il 19 gennaio.  Silvia Buzzelli  l’ho incontrata alla presentazione del libro intervista di Piero Scaramucci a Licia Pinelli e mi ha subito interessata con la passione che comunicava, con il suo “metterci la faccia” nelle attività di cui mi raccontava. L’altra sera a Monza avrei dovuto esserci anch’io ma, un contrattempo me l’ha impedito. Andremo noi  appena possibile a cercare Salvatore Borsellino per un’intervista al blog.

Buona lettura e buona settimana.

Da dove partire, caro Salvatore? Era il 1882 quando, nelle campagne di Rovigo e del mantovano, iniziò il primo grande sciopero: fu un’agitazione senza precedenti, una lotta durissima – fatta di arresti, persecuzioni, processi – che si estese nel lodigiano, nel parmense, in tutta la nostra Pianura Padana, insomma. “La boje, la boje e de botto la va fora”, bolle, bolle e, all’improvviso, trabocca: questo era il grido dei braccianti che, nel Polesine, cantavano “L’Italia l’è malada”. Bisognerebbe, forse, imparare la dignità di quelle donne e di quegli uomini (uniti nelle leghe e nelle società di mutuo soccorso); bisognerebbe – chissà – intonare di nuovo “L’Italia l’è malada”.

Perché ” L’Italia l’è” ancora ” malada” (o no?), e quali sono i sintomi?

“L’Italia l’è malada” perché si propone di intitolare una strada a un latitante (perdonate, uso le categorie del codice di procedura penale, le sole che conosco), un condannato …

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