C’eravamo anche noi quando queste ragazze sono state premiate, ed ora con piacere pubblichiamo i loro racconti:
Comitato Pari Opportunità dell’Università per stranieri di Siena
II edizione del premio di scrittura Parole diverse
Le nostre donne «Insieme, le nostre donne formiamo una bandiera»
Racconto primo classificato
Zenzero, mirra ed essenze di donna
di Valentina Carbonara
Quando Sa’ida venne a sapere che dopo sei mesi di permanenza a Damasco non ero mai stata all’hammam, sfoderò un’espressione di benevola riprovazione e nell’increspatura delle sue labbra afferrai un sottile velo di compiacimento. Alla fine della lezione mi disse: “Domani andremo all’hammam al-Qaimariyya, se Dio vuole” e capii che non si trattava di un invito declinabile.
Sa’ida era la mia insegnante di lingua araba all’università, una giovane donna dal viso sottile e ambrato, due occhi di ebano in cui non era raro afferrare un impertinente guizzo di vivacità nonostante l’incedere lento, l’atteggiamento posato, i gesti misurati. Tutto di lei era imbevuto di una saggezza per cui non trovo altra definizione che “orientale”.
L’appuntamento era a Bab-an-Nafura, uno degli ingressi della Moschea degli Omayyadi, che con la sua solenne imponenza interrompe il pulsante e irriverente brulicare del reticolo di vicoli che si infrange contro le sue mura, poste a sigillo di un’intimità mistica indecifrabile, una suggestione di echi salmodiati e incensi che non appartiene agli uomini.
Mentre attendevo all’ombra del minareto orientale, accettando con placida rassegnazione la concezione di tempo e puntualità del Medio Oriente, mi sentii chiamare: “Mara, yallah!”. Una Sa’ida sorridente emerse …
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