Capaci, 23 maggio 1992

“La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.

Quello che Giovanni Falcone disse del fenomeno mafioso, non potrebbe forse essere ripetuto interamente per riferirsi a quanto abbiamo visssuto negli ultimi trent’anni? Non è un sistema di connivenze, privilegi per pochi, ricatti miserimmi che consente un sistema monopolistico dell’informazione che è un insulto alla libertà dei cittadini e non ha eguali nel resto d’Europa? Inutile piangere oggi Falcone se la nostra vita non diventa la sua battaglia che prosegue. Tutte le commemorazioni sono solo vuotissima retorica se non ci impegniamo, ognuna/o come potrà, a migliorare il mondo.

Tutte le volte che mi trovo nell’amatissima Sicilia e passo per Palermo e sull’autostrada dopo pochi km incontro Capaci, fuori da ogni retorica, mi emoziono ancora moltissimo per quello che Giovanni Falcone ci ha lasciato in dono. La sua foto, insieme a quella di Borsellino e di Peppino Impastato, sta di fronte a me sempre, mentre scrivo. E penso a questa regione di contrasti, che spesso viene collegata alla miseria mafiosa, e che è anche …

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