Tratto da GIAP:

Intanto, non è un golpe. Non c’è bisogno di un golpe. In Europa, il golpe è démodé da almeno quarant’anni. E’ assodato che si possono ottenere gli stessi risultati con più discrezione e gradualità. Il che non vuol dire con meno violenza: è solo un diverso uso della violenza, più dosato, capillare, diversificato. In questo momento, come altre volte è successo, diversi poteri costituiti comunicano tra loro con un linguaggio allusivo e cifrato, linguaggio fatto di attentati, provocazioni, bombe che uccidono nel mucchio, pacchi-bomba e bombe-pacco, sigle multi-uso in calce a volantini di rivendicazione bizzarri e pieni di errori marchiani. Cosa esattamente si stiano dicendo questi poteri costituiti, questi settori di capitalismo italiano e internazionale, forse non lo sanno nemmeno loro. Appunto, è un linguaggio allusivo, tipicamente mafioso, e nemmeno loro ne colgono tutte le sfumature. Sulla sostanza, però, sul nucleo di senso di questi messaggi, in diversi cominciamo ad avere sospetti. Si parla già, benché ancora timidamente, di una nuova “strategia della tensione”, un nuovo “stabilizzare destabilizzando”. E chissà se è una semplice coincidenza che negli ultimi tempi si sia ricominciato a depistare sulla strategia della tensione degli anni ’60-’70: Piazza Fontana fu un po’ colpa anche degli anarchici etc. Il fine diretto o indiretto di ogni atto della strategia della tensione è criminalizzare i movimenti, o comunque ostacolarne le lotte, renderne più difficile lo sviluppo. Una società civile ansiosa e impaurita, nonché mobilitata sulla base della paura, è una società che tira la carretta

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