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L'Estate del 2012

L’Estate del 2012

Aveva le mani rosse e gonfie alla fine della giornata: era rimasto più di 5 ore con le mani nell’acqua. Cercava di riempire un secchio di ferro vecchio e grigio, l’acqua gli arrivava fino alle ginocchia magre. Aveva 8 anni e quelle erano le sue vacanze: 3 mesi a cercare di liberare la cantina dall’acqua che l’aveva inondata il mese prima. Suo padre non era però un aguzzino. Severo sì, molto. A quell’epoca, nel 1929, si usava così, i figli dovevano ubbidire ed imparare che la vita è dura e il lavoro pure; ma era l’unica via per aspirare a qualcosa di meglio. La bicicletta era rimasta solo un sogno per molti anni: erano pochi gli amici fortunati che sfrecciavano davanti a casa sua con bici nuovissime, gli altri si limitavano a sognarle.

Come molti altri coetanei, la guerra lo colse che non era ancora maggiorenne: partì e per quasi 5 anni guidò camion in giro per il Paese. Si ricordava di un giorno in cui prese a prestito un tandem e con il fratello maggiore pedalò da Milano a Padova. Lui stava nel posto davanti e gli sembrava che il cuore potesse scoppiare da un momento all’altro; quando passavano gli aerei che bombardavano sopra le loro teste, si buttavano veloci nei fossi, così da non prendere fuoco. A Padova ci andavano per salutare la mamma prima di imbarcarsi per la Grecia; da 2 anni non andavano a trovarla e chissà se l’avrebbero rivista. Lui arrivò tardi all’imbarco e fu …

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Quando negli anni ’80 la Politica finì fuori gioco

Il Presidente Napolitano ha risposto in questi giorni con una lettera di grande spessore, ad alcune domande che Giancarlo Bosetti, direttore di Reset, gli pose qualche mese fa. La domanda più importante delle quali, a me pare, è quella che indaga la ragione per cui l’epoca in cui viviamo abbia prodotto solamente dei pigmei della politica, nulla di paragonabile agli Einaudi, Roosevelt, Churchill che li hanno preceduti. Provo a dare il mio parere qui. Potete leggere il mio intervento anche su Reset e su IlFattoQuotidiano.

Gentile Direttore, Le scrivo in qualità di cittadina italiana, per molti anni dirigente in multinazionali e testimone diretta di quell’economia liberista che oggi appare in grave crisi. Le scrivo perché coinvolta dalle sue domande e dalla lettera del Presidente Napolitano per cui mi sento chiamata ad azzardare risposte. Terminai i miei studi laurea e master in Bocconi negli anni ’80: eravamo una quarantina tra uomini e alcune donne con profili eccellenti e molto richiesti dalle aziende: a nessuno di noi venne in mente di intraprendere una carriera politica, né ricordo che in quegli anni ’80, che videro l’adesione totale dei mercati all’economia liberista, circolasse l’idea che entrare in politica potesse essere una scelta giusta e etica. La politica appariva la scelta per i meno capaci, un luogo fuori dai giochi che contavano. Ricordo che mi stupii quando, anni dopo, mi venne offerto un incarico internazionale che mi condusse a vivere in Francia e lì scoprii l’ENA, Ecole Normal Administratif che sfornava …

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