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Una televisione per chi?

Il degrado della programmazione televisiva nel nostro paese mi è apparso con chiarezza prima mentre montavamo il documentario e poi con il lavoro di monitoraggio delle trasmissioni portato avanti sul blog. A quel punto mi è venuto naturale chiedermi che cosa dicessero gli studi sulla televisione, i saggi, le ricerche accademiche, che sapevo essere numerosissimi. E anche domandarmi quale fosse l’azione degli organismi di tutela dei cittadini, quali la presenza e il peso delle leggi e dei codici. Mi rifiutavo di credere che questa svilente programmazione potesse andare in onda senza un’adeguata denuncia, senza una presa di posizione delle teste pensanti, senza mezzi di regolamentazione, senza azioni di contrasto nei confronti delle trasmissioni diseducative.

Ho scoperto che in Italia la ricerca e l’analisi hanno dettagliatamente fotografato ogni aspetto dell’attività televisiva: produzione, fruizione, effetti individuali e sociali. Esiste un quadro chiaro di ciò che la tv è, della sua funzione e della sua influenza.

Inoltre, non mancano leggi, codici, autoregolamentazioni. Che sulla carta prevedono una televisione educata, responsabile e fonte di miglioramento della vita pubblica e individuale dei cittadini. Nella realtà, però, sui canali televisivi italiani, queste regole (anche quelle che le televisioni si sono date da sole!) vengono ignorate senza conseguenze.

D’altra parte, gli stessi organismi di controllo appaiono molto tolleranti circa le proposte televisive offensive – violente e degradanti – nei confronti delle donne, mentre sono più attenti alla qualità della rappresentazione delle minoranze e delle differenze culturali e sociali. Verso quel tipo di programmi che sfrutta e avvilisce

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Immagini che possono educare

Per anni non ho guardato la tv. Semplicemente la trovavo noiosissima.

Poi il coautore de IL CORPO DELLE DONNE, Marco Malfi, mi provocò sostenendo che se volevo continuare ad occuparmi di donne, dovevo guardare la tv.

Così è nato il nostro documentario.

Fino a quel momento ero sempre stata d’accordo su quanto scrive Giovanna Cosenza sul suo blog: non filmiamo, non fotografiamo i corpi delle donne. Lasciateci in pace. Dobbiamo lavorare, fare figli e crescerli, “far aumentare il PIL lavorando di più e facendo piu bambini,” curare gli anziani.

Poi ho visto ed ho capito che non potevo sottrarmi.

La maggior parte delle donne, che costituisce il 60% del pubblico televisivo, ha la televisione come unico strumento di informazione: quello che viene trasmesso diventa riferimento, educazione, esempio.

Come riusciamo a parlare a queste donne? Dove le intercettiamo? Come facciamo nascere un dubbio sulla validità del modello di donna proposto dalla tv?

Quando presentiamo IL CORPO DELLE DONNE in pubblico, il commento piu diffuso da parte delle donne è sempre: “io guardo la tv tutti i giorni, mi fa compagnia… però quelle immagini lì non le avevo mai viste..o forse non me ricordavo così… adesso starò più attenta..”.

L’assuefazione alla visione di immagini di corpi spogliati ed umiliati ci ha condotto ad utilizzare il montaggio delle immagini tv per educare a “vedere”, per provocare reazioni che sono sempre, da parte di uomini e donne, di disgusto.

Cioè il proporre un punto di vista diverso fa guardare alla tv in modo

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