“Abbiamo ancora bisogno del leader titanico, decisionista, ma  al tempo stesso così anacronistico ed ingombrante?” si chiede Andrea Vitullo autore di Leadershit – Rottamare la mistica della Leadership e farci spazio nel mondo, uscito da pochi giorni per Ponte allle Grazie.

Ed è una domanda per nulla retorica oggi in Italia. Stamane ho fatto una prova: cliccando sulle homepage dei maggiori quotidiani online, quelli che hanno anche il cartaceo intendo, è tutto un proliferare di leadership: il premier Berlusconi, Bossi, ma anche Fini, Di Pietro e Vendola. Le parole invecchiano, e  questo pare essere il destino della parola Leadership, termine che negli ultimi decenni è parso potere guarire ogni problema sociale, economico e politico, lasciandoci ormai da anni delusi e impauriti: restano ovunque leader che vivacchiano sulle macerie di una leadership moribonda e impotente. Dico Leadership e, senza rifletterci troppo, ho elencato qui sopra solo nomi maschili. Sarà che di donne al potere e visibili non ce ne sono. Sarà. Sarà che quelle donne che hanno avuto potere all’estero ed hanno esercitato leadership, Margaret Thatcher o Condoleeza Rice ad esempio,parevano uomini in tutto e per tutto, ora possiamo dirlo. Senza colpevolizzarle: come ho già avuto modo di dire, le prime che entravano nei luoghi del “potere” che altro potevano fare se non scimmiottare il comportamento del gruppo dominante?

Forse è giunto il momento di fare spazio ad una logica non più verticistica, ma orizzontale, di rete, incarnata dalla LEADERSHIT: il dilagare della rete e dei social network ne

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