Laura Stefani mi invia questa intervista a Marisela Ortiz Rivera sul tema del Femminicidio. Grazie Laura.

CIUDAD JUÁREZ E MARISELA ORTIZ RIVERA Esistono storie che a nessuno piace ascoltare perché parlano di morte, violenza brutale e buio dell’anima. E luoghi che restano all’ultimo gradino nella scala dei desideri: non ci vorresti passare neanche per sbaglio. È il caso dei femminicidi e di Ciudad Juárez, nello Stato di Chihuahua, al confine tra Messico e Stati Uniti. Trattati dai giornali locali come sporadici casi di violenza domestica o completamente ignorati dalla maggior parte dei media, sono omicidi di genere moltiplicatisi a un ritmo impressionante dal 1993. Anche se è difficile rintracciare dei dati reali, le ultime cifre ufficiali parlano di più di 1500 casi di donne uccise o desaparecidas nello Stato di Chihuahua. Quando i corpi vengono ritrovati, nel deserto o ai margini della città, portano segni di sevizie sessuali, torture oppure sono stati mutilati. Di solito il viso è irriconoscibile. A Juárez, si viene uccise per il solo fatto di essere donne, o meglio, donne con caratteristiche particolari: adolescenti, carine, con pochi mezzi economici, nella maggior parte dei casi impiegate come manodopera a bassissimo costo nell’industria maquiladora, cioè nelle filiali di multinazionali straniere di assemblaggio che circondano la città. Ragazze completamente vulnerabili, immigrate dalle zone rurali del Messico e del Centro America in cerca di un lavoro. Spesso da sole o con figli piccoli.

Non esiste una situazione analoga nel paese: migliaia di crimini, nella quasi totalità impuniti o dimenticati …

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