Le Riunioni a Scuola, gli Ovuli Congelati e il Pericolo dell’Adeguamento

Qualche mese fa è uscito questo articolo sulla 27esima Ora del Corriere della Sera. La giornalista che lo scrive racconta del suo disappunto nel ricevere la convocazione da parte della rappresentante della scuola elementare frequentata da suo figlio, per la riunione di classe alle h 17 di un giorno feriale.Il disappunto viene seguito dalla decisione a non partecipare alla riunione. Decisione condivisa dalla quasi totalità delle famiglie tanto che la rappresentante di classe scrive il giorno dopo una lettera piena di stupore chiedendo il motivo di tale ampia defezione.Motivo che la giornalista spiega con l’impossibilità unita al fastidio ad abbandonare il posto di lavoro a metà pomeriggio. La scuola si trova in una zona centrale ed elegante di Milano ed è per lo più frequentata da figli/e di donne professioniste.

Chi fa un lavoro di responsabilità ed è in carriera non può lasciare l’ufficio alle 16.30: perché non convocare le riunioni di classe alle h 20, in modo che i genitori possano parteciparvi senza difficoltà? Si chiede in finale la giornalista.

Qualche settimana dopo la pubblicazione di questo articolo sono stata intervistata durante un programma radiofonico RAI.

Il tema del dibattito era la notizia allora nuovissima della possibilità che alcune imprese tra cui Apple offriranno alle proprie giovani dipendenti: il congelamento dei loro ovuli fino al momento in cui dovessero decidere di utilizzarli per riprodursi.

Ho pensato molto in queste settimane ad entrambi gli articoli perché collegati da un comune denominatore.

Per che cosa ci stiamo battendo noi donne?

Qual’è

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PERCHE’ ABBIAMO BISOGNO di un MINISTERO delle PARI OPPORTUNITA’

Anche ieri un uomo ha ammazzato la moglie, lei voleva lasciarlo. Poi si è buttato dalla finestra col figlioletto in braccio. Sono morti in tre. Ora io sto ascoltando in giro tutto un “tirarsi fuori dalle disgrazie delle donne”. Tra cui il femminicidio e la violenza. Far parte della categoria delle morte ammazzate non fa piacere a nessuno, capisco. E allora va bene lavorare sulla nostra forza, e non accentuare le nostre debolezze. Ma negare il problema non è la soluzione. Sul tema della violenza verso noi donne c’è un silenzio imbarazzante da parte di molte deputate senatrici ministre che affollano ormai la politica. Ripeto: affermare la nostra forza è doveroso ora, ricordare i nostri successi, radunarsi per contare quelle che ce l’hanno fatta, brindare agli aumenti di stipendio, quando ci sono, è fantastico. Ma negare che negli ultimi tempi il numero di femminicidi sia preoccupante e, ancor peggio, constatare che le notizie a riguardo siano messe in cronaca, è drammatico. Giusto per ribadire: I FEMMINCIDI NON SONO CRONACA. Poi possiamo anche dire che dato che ci sono già tanti problemi, crisi economica e mafia nella capitale in primis, una donna ammazzata in più non conta. Bene, allora diciamolo e prendiamone atto. Perchè è questo ciò che sta avvenendo e dunque dirlo è importante: la morte delle donne per mano di uomo non è fatto interessante. Ora che lo abbiamo scritto e abbiamo affermato con onestà una verità scomoda ma che è davanti agli occhi di tutti e tutte, possiamo …

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La Bambina Modella più Bella del Mondo

La Bambina Modella più Bella del Mondo

Grazie a GIULIA CAMIN che porta avanti un lavoro prezioso, che sta alla base di NUOVI OCCHI per i MEDIA: osservare le immagini e analizzarle per comprenderle e all’occorrenza, agire per contrastarle.Qualche giorno fa il Corriere della sera versione online ha pubblicato un articolo che mi ha colpita profondamente. Lo trovate qui, nella rubrica «Moda», ecco il link  La lettura prende davvero pochi minuti e il taglio è uguale a tante altre “notizie” cui oramai siamo forse abituati e assuefatti. In queste righe Kristina, una bambina di 9 anni, viene definita la modella-bambina più bella del mondo. Nell’articolo si parla di perfezione. Nel sottotitolo questa domanda : « È perfetta: che effetto produce sulle nostre figlie che la guardano?». Mi sembra che queste righe cerchino di sottolineare da un lato la bellezza della bimba-modella e dall’altro il pericolo in cui le coetanee incorrerebbero nel confrontarsi con lei ( si allude forse a eventuali gelosie, invidie, senso di inadeguatezza). Il Corpo delle Donne, Lorella Zanardo, il prezioso lavoro sul campo portato avanti da Nuovi Occhi per i Media, ci hanno più volte ricordato quanto sia importante restare all’erta e sviluppare uno sguardo critico rispetto alle modalità con cui la stampa tratta determinate tematiche.

Innanzitutto, trovo discutibile e superficiale l’uso che si fa del concetto di perfezione. Che cos’é la perfezione se non un canone estetico (inesistente), imposto dalle mode e dal mercato ? Ha senso dedicare spazio per osannare sulla stampa una bambina dai lineamenti gradevoli che, per scelta dei genitori, …

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LETTERA da BERLINO

LETTERA da BERLINO

Ci scrive Livia Anita Fiorio da Berlino. Queste corrispondenze sono preziosissime, leggetele e facciamone tesoro

Ormai mi conoscete, sono una grande fan degli studi condotti dalla Bertelsmann Stiftung che, giusto tre giorni fa, ha pubblicato i risultati di una ricerca dal titolo “Lo Stato Sociale trae profitto dall´immigrazione. Nel 2012 gli immigrati hanno sgravato lo stato sociale con 22 miliardi di euro”. Project manager di questo studio è Franco Zotta, giornalista e responsabile di molti progetti di ricerca universitari e non, nato nel 1966 e laureato in filosofia, un tedesco con lampanti radici italiane. Autore della ricerca è Prof. Dr. Holger Bonin.

Si tratta di uno studio importante, pubblicato proprio in un momento in cui, in Germania, le tensioni sociali e gli episodi di discriminazione rispetto a immigrati sud- e est-europei si stanno facendo sentire più di qualche anno fa. Lo stereotipo alla base delle suddette discriminazioni: l´immigrato sud- o est- europeo viene in Germania per starsene con le mani in mano e gozzovigliare, scroccando sovvenzioni statali e servizi resi possibili solo grazie al lavoro e ai contributi versati da cittadini e cittadine tedesche.

Eclatante a livello mediatico è stato, ad es., l´episodio accaduto al Jobcenter (ufficio di collocamento) di Lipsia, dove a una donna rumena di 25 anni e al figlio di 5 è stata negata la pensione sociale argomentando che la donna, arrivata nel 2010, non aveva ancora lavorato in Germania. A seguito della presentazione del caso sopra citato alla corte europea, il 12.11.2014 i giudici …

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Sia un 25 novembre contro la cultura dello stupro: delle donne e del Pianeta

Sia un 25 novembre contro la cultura dello stupro: delle donne e del Pianeta

Condividiamo questo articolo dal blog Politica al Femminile:
Nella Giornata Internazionale per i diritti dell’Infanzia ricordiamo che ai nostri bambini e alle nostre bambine stiamo togliendo il futuro. E che, senza aspettare il gravissimo ultimo allarme dell’ONU, da tempo in tutto il mondo le donne stanno battagliando per impegni sul clima; perché, come ha detto Winnie Byanyima bacchettando il #G20: i potenti della terra non possono più permettersi di ignorare che le 2 maggiori sfide del nostro tempo sono la disparità di genere e il cambio climatico.

E non possiamo permettercelo neanche noi. Si aggiunga che – benché molti stentino a coglierla – esiste una stretta connessione fra la violenza contro le donne, e quella contro il Pianeta: e sta nella cultura che sottende alla sopraffazione.

Per questo si tratta di 2 sfide strettamente collegate: e questo 25 novembre è ora di dirlo. E’ ora di riconoscere, e di dire, che la cultura dello stupro delle donne e la cultura dello stupro del Pianeta sono la  stessa cosa.

E che, se i Governi non raccolgono l’allarme più grave di sempre appena lanciato dall’ONU, possiamo farlo noi, le donne.
Già un anno fa l’IWECI (International Women’s Earth and Climate Summit) approvò una Dichiarazione (che  fu integralmente recitata in italiano anche in questo video). Una chiamata che, a solo un anno di tempo, appare alquanto profetica. E che è anche preziosa per capire: non si tratta di slogan, ma di una denuncia circostanziata e di un
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Il Salvataggio delle Borse

Il Salvataggio delle Borse

Ne ho salvata un’altra venerdì scorso. E’ questa che vedete, immagino fine anni ‘50, il manico è rotto, ma ho chi lo aggiusterà, è una mia fidata complice. Oramai da anni ricevo l’invito al mercatino di Natale da parte dell’Associazione benefica  che mette in vendita i contenuti degli armadi di vecchie signore: si disfano di ricordi passati o degli oggetti di parenti oramai decedute. Sono una cliente affezionata, non mi perdo un’inaugurazione  per tutto l’oro del mondo: i ricavi del venduto vanno a sostenere opere pie: aiuti al terzo mondo per lo più. Ma io ammetto che non è la solidarietà verso i più derelitti la ragione che mi avvicina ai banchetti, o almeno  non è solo quella. Il motivo per cui aspetto con ansia questo periodo di novembre è per mettere in salvo le vecchie borsette che lì sono in vendita. All’inizio la mia opera di salvataggio coinvolgeva, oltre alle borse, cappellini, guanti, colli di pelo, e gonne con sottogonne, scarpine…. Insomma tutto ciò che era appartenuto alle donne che mi avevano preceduto e di cui mi sentivo erede e come tale, in obbligo di conservarne la memoria. La mia attività si è fatta  poi più frenetica via via che il “vintage “diveniva di moda: non sopportavo di vedere le mani di modaiole predatrici che arraffavano rapaci  tutto ciò che aveva costituito il corredo delle mie amatissime donne passate: non c’era rispetto nelle loro mani, non c’era amore. Vedevo l’ingordigia di possedere una cloche, un cache couer, una pochette …

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VORREI NON SCRIVERE QUESTA RECENSIONE

VORREI NON SCRIVERE QUESTA RECENSIONE

E’ uscito da poco un Libro di cui non vorrei parlarvi. Un Libro che vorrei non fosse stato scritto perché significherebbe che non ce n’è bisogno. E se non ce ne fosse bisogno significherebbe che la nostra società è in grado di far fiorire al meglio il potenziale di ognuna di noi. Vorrei non essere qui a battere i tasti del mio pc per scrivere ciò che potrebbe essere naturale a tutti e a tutte, se solo iniziassimo ad essere in relazione con chi ci circonda e non temessimo il cambiamento.

Vorrei che gli stereotipi scomparissero e fossimo in grado così di valutare chi ci sta accanto per quello che fa e per come lo fa, lasciandoci stupire dalla proposta di modalità nuove per raggiungere un obbiettivo che pensavamo avesse un’unica modalità di risoluzione. E invece no. Vorrei che diventasse evidente ciò che è evidente ma che schemi e rigidità ci impediscono di accogliere e utilizzare a beneficio di tutti. Vorrei che la Maternità fosse vissuta come un valore arricchente non solo per la madre e il padre che la vivono, ma per la società tutta e che le imprese dunque non costringessero nessuna donna a “dividersi” tra vita privata e vita professionale perché saprebbero che un contesto accogliente può amplificare le enormi competenze che con la maternità si producono. Se UNIRE diventasse l’obbiettivo. Vorrei. Ma so bene che così non è . Almeno per ora. E allora sono grata a Riccarda Zezza e Andrea Vitullo per avere raccontato con …

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