Leggo l’articolo di Asor Rosa su Repubblica e l’interessante post della Lipperini di oggi (sucsate non riesco a linkare). Ho letto con attenzione anche i commenti. Anch’io rido meno frequentemente e le amiche me ne chiedono la ragione. Che però è sotto gli occhi di tutti. Rido meno e sono purtroppo spesso arrabbiata, nervosissima, resa quasi impotente da queste sabbie mobili che ci circondano. Mi sento le mani legate, mentre intanto  con le gambe scalcio, eccome!

Condivido lo sconforto, ma resto aggrappata ad una enorme certezza: Noi adulti abbiamo un’enorme responsabilita’ verso le ragazze e i ragazzi e non possiamo arrenderci.

Torno ora da un giro della Puglia, 9 incontri in 3 giorni, centinaia di ragazzi/e nelle scuole attentissimi, non vola mai una mosca. Dibattiti con centiana di adolescenti che mi guardano ad occhi sgranati e che vogliono, vogliono strumenti per comprendere la realtà che li circonda e obbiettivi da inseguire. Allora mi arrabbio sì con chi è responsabile del disastro ma ancor più con chi non capisce che non c’è più  tempo.

E’ necessario concentrarsi su progetti concreti: noi stiamo dando strumenti di comprensione della tv che oggi mi pare un’attività  fondamentale. L’immagine della D’Urso che grida ” che entrino le bocce di Cristina e Francesca” mentre  le due ragazze taglia  7a  avanzano barcollando e  la telecamera inquadra il loro seno enorme e  il pubblico ride, necessita di un filtro, necessita di una spiegazione perchè viene vomitata addosso a bambine e bambini che ci chiedono spiegazioni.  Mi è  parsa guardandola,  la scena finale di un film su  questi decenni:  tutto intorno si sfascia mentre  enormi seni di plastica avanzano in un tripudio di luci e risa sguaiate.

E allora cosa fanno gli adulti? Cosa fanno gli intellettuali? Cosa fanno  i manager? Vedo l’assenza spaventosa delle organizzazioni, delle persone nelle organizzazioni, che stanno mute, ignorando, fino a quando? il disastro. Concentrate sul raggiungere  quel profitto che non è slegato dal contesto in cui viviamo. Ma  pochi  paiono comprenderlo.

“Lo spaventoso silenzio delle persone buone” mi pare oggi ancora una volta il pericolo più incombente.