Lettera da Berlino:
Come ricordo sempre nelle scuole: siamo qui oggi a..(Follonica o Milano o Pinerolo o Reggio Emilia o..) che è in una regione che è in Italia e che è in Europa. E’importante conoscere come si vive in altri PAesi. Possiamo prendere spunto, ispirarci.

Maryam Haschemi è avvocata, ha poco più di trent´anni e lavora per l´ADNB des TBB, “Antidiskriminierungnetzwerk Berlin des Türkischen Bunds in Berlin-Brandenburg”, è nata e cresciuta in Germania, i suoi genitori in Iran. Maryam è musulmana e non porta il „Kopftuch“ (=copricapo). Tre  settimane fa l´abbiamo invitata a parlare alle partecipanti al workshop “NEIN ZU GEWALT GEGEN FRAUEN” del suo lavoro all´interno dell´ADNB, rete contro la discriminazione.

È arrivata, sorridente e con passo deciso, ha scelto una delle sedie libere nel nostro cerchio, ha lanciato un paio di pieghevoli al centro ed ha cominciato a raccontare.
Che cosa significa “discriminare”? Si ha una discriminazione quando una persona o un gruppo di persone viene trattato peggio o in modo differente rispetto ad altre sulla base di motivi o caratteristiche particolari. Nella maggior parte dei casi discriminare significa negare alla persona discriminata l´accesso a risorese sociali, politiche ed economiche impedendole – di par passo – di partecipare in modo pieno alla società. Accanto a fattori materiali, giocano un grande ruolo anche la lingua e le espressioni dominanti con cui vengono categorizzati, omogenizzati e svalutati dei gruppi precisi di individui. Per questo, ad esempio, dalle lavoratrici e lavoratori di ADNB des TBB viene utilizzata la barra bassa “_” per dare spazio anche a Trans* e identità sessuali non binarie all´interno di un vocabolario radicato nel maschile e nel femminile. Es: Vicin_e_i = “Nachbar_innen”

 

Dal 18 agosto del 2006 in Germania esiste una legge contro la discriminazione e Maryam lavora ogni giorno servendosene, facendola applicare e producendo in tal modo effetti di realtà e cambiamenti a livello microstrutturale. Purtroppo questa legge, chiamata comunemente AGG (Allegemeine Gleichbehandlungsgesetz), presenta ancora molte falle. Per questo le avvocate e gli avvocati di ADNB fanno spesso e volentieri riferimento anche alle norme europee in materia di discrinazione quando si trovano di fronte a casi non ascrivibili alla legge tedesca.

L´AGG infatti, pur garantendo in molti contesti uguali opportunità, non tutela rispetto a TUTTE le forme di discriminazione, concentrandosi piuttosto su particolari ambiti ed enunciando dei paramentri precisi in base ai quali è vietato discriminare qualcun*: provenienza etnica (sia che essa si rilevi sulla base del colore della pelle che di nome o cognome), handicap, religione/ credo/ visione del mondo, genere, identità sessuale, età. (Per assurdo, sulla base di questa legge è proibito discriminare una persona perchè i suoi genitori o nonni non sono nati in Germania ma non lo è se lo si fa perchè essi sono – ad esempio- poveri o appartenenti ad una classe sociale ben precisa.)

 

AGG distingue tra forme di discriminazione diretta (es. una donna non riceve un lavoro sulla base del colore della sua pelle), indiretta (es. in una palestra esiste un divieto, quello di coprirsi il capo; questo divieto interessa tutt* i/le tesserat* ma è chiaro che andrà a colpire davvero solo le donne musulmane) e le molestie (scherzi o osservazioni che creano un clima tale per cui la persona oggetto di tali commenti verbali si sente intimidita, impaurita, svilita o offesa). Tra le molestie, sono da considerarsi punibili anche “scherzi allusivi o contatti involontari con contenuto di tipo sessuale” (molestie sessuali).

 

AGG ha valore applicativo solo nell´ambitio del diritto del lavoro e civile (accesso ai beni e ai servizi, anche attraverso contratti come ad es. quello di locazione). In sede di diritto del lavoro questa legge tutela ogni fase del percorso lavorativo di un individuo – dalla candidatura, all´apprendistato al tirocinio. Nel primo capitolo, ad es., viene esplicitamente vietata la pubblicazione di offerte di lavoro solo per “tedesch*” o “madrelingua tedesch*”. Il testo di legge non parla di discriminazione in ambito scolastico o per mano di forze dell´ordine ma fortunatamente in questi casi ci si può richiamare ad altre leggi che colmano le penurie dell´AGG.Maryam Haschemi e il team dell´ADNB des TBB lavorano da anni a livello territoriale (regione di Berlino e del Brandeburgo) offrendo consulenza, sostegno psicologico e giuridico a persone discriminate, creando una rete attiva con altre organizzazioni e promuovendo progetti educativi e pubblicazioni sul tema. Tra il 2009 e il 2010 – grazie anche al lavoro di ADNB e all´applicazione dell´AGG – si è palesato un potente razzismo e socialsciovinismo all´interno della comunità berlinese, nonostante la capitale sia nota per essere una delle città più aperte della Germania. Questo fenomeno sociale generale è stato spesso ridotto dai media alla sola persona di Thilo Sarrazin, esponente dell´SPD e autore del discusso saggio Deuetschland schafft sich ab. In realtà si tratta di un magma generalizzato di comportamenti discriminatori contro i quali la rete dell´ADNB ha saputo attuare pratiche di resistenza e movimenti oppositori emancipatori.

 L´ufficio di consulenza dell´ADNB des TBB consiglia e supporta sopprattutto people of color, persone con un back ground di immigrazione e musulman* discriminati. I consulenti dell´ADNB partono dal presupposto che in molti casi la discriminazione avviene su più livelli e una persona il più delle volte viene discriminata in forza anche di più caratteristiche intersecantesi tra loro (“Mehrfachdiskriminierung” o “mehrdimensionale Diskriminierung”). Per le operatrici e gli operatori dell´ADNB al centro della consulenza stanno la persona colpita da discriminazione e la  sua visione (soggettiva) sull´esperienza si discriminazione, trattata come caso individuale: sono le persone colpite a decidere sulle procedure da prendere, fin dove spingersi nella pratica legale, sostenute e fortificate da un appoggio legale qualificato. I principi su cui si basa una consulenza dell´ADNB sono la parzialità, uno strumento importante per confrontarsi e superare alcuni sbilanciamenti esistenti, in cui chi è colpit* da discrimnazione si viene a trovare; l´empowerment (attraverso la consulenza chi è stato oggetto di discriminazione fa esperienza di attivazione e rafforzamento del proprio autosoccorso e potenziale d´azione, per superare l´esperinza traumatica e contrastarla), transculturalità e indipendenza da istituzioni, uffici, partiti.

 

Seguendo il principio dell´intersezionalità, le operatrici di ADNB hanno elaborato dei dati. Tra il 2009 e il 2010 le percentuali maggiori di discriminazioni a Berlino e nel Brandeburgo si sono avute su base religiosa (Islam) con maggiore incidenza sulle donne che sugli uomini. Su 22 casi di discrimnazione, 12 erano donne discriminate perchè portatrici di copricapo. Sul tema “Kopftuch” si divide ancora oggi la popolazione tedesca anche più progressista. Secondo la visione occidentale della donna muslmana, il copricapo é un simbolo di repressione, qualcosa da togliere per emanciparsi, un obbligo perpetrato da padri autoritari e repressivi. Un indumento, insomma, di cui sbarazzarsi per poter accedere ai benefici (anche lavorativi) della società democratica europea.
Maryam Haschemi e le donne della sua famiglia non portano il copricapo da tre generazioni. Alla facoltà di giurisprudenza le colleghe tedesche la trattavano come un oggetto “strano” e “raro”, facondole sempre molte domande, con fare investigativo, pronte a cogliere in lei una rivoluzionaria, una ribelle (o una terrorista?). Niente di tutto ciò. Eppure Maryam cel´ha detto: lei e tante altre giovani donne musulmane quasi-quasi ci stanno ripensando e tornerebbero volentieri, in Germania, ad indossare di nuovo il velo per dare vita ad un movimento per la libertà del suo uso.
Nel 2012 Maryam  vinse una sentenza che destò un modesto scalpore mediatico. Riguardava una giovane donna nata in Gemania, lauerata a pieni voti in medicina, a cui era stato negato un posto di lavoro solo sulla base del velo. Nonostante il potenziale datore di lavoro avesse riconosciuto non solo il profilo altamente qualificato della giovane donna ma anche il suo modo sveglio, cordiale e scaltro di rapportarsi in ambiente lavorativo, le era stata interdetta la possibilità di esercitare la sua professione “per il decoro  e la laicità dell´azienda”.  Aut-aut: o Kopftuch o lavoro. Sembra strano no, nella nostra visione occidentale, mettersi nei panni di una giovane donna emancipata e musulmana che vuole e pretende il suo velo? Ho pensato, quasi quasi me lo compro anch´io un bel Kopftuch: 10 € al pezzo, tanti colori, a sostegno delle giovani donne musulmane che devono sentirsi dire NO da datori di lavoro laici, tedeschi e progressisti, fautori benevoli del processo emancipatorio di chi, ancora, si assoggetta a regole medievali.

Kopftuch sì o  Kopftuch no? Questione di contesto e di punti di vista; per fortuna ci sono incontri, scambi e persone come Maryam Haschemi che, nel rispetto della libertà di tutt*, non dimenticano di ricordarci che la cossiddetta “discriminazione positiva” può altrettanto svilire e ferire.