Oggi ospitiamo la nostra corrispondente da Parigi GIULIA CAMIN che interviene nel dibattito avviato da Giulia Rosoni NON SONO CHOOSY VOGLIO SOLO VIVERE. Giulia mi interroga direttamente, a breve interverrò dunque anch’io.

Tra le varie vicende che sottolineano il fallimento delle società contemporanee incapaci di guardare al futuro ho ripensato a questo: La France n’aime pas ces jeunes (La Francia non ama i suoi giovani). Questo il titolo di un sondaggio che circa un anno fa venne pubblicato e discusso pressoché ovunque nei media francesi e che ricordo bene mi colpì particolarmente. Ricordo anche di aver ascoltato stupita un’emissione di una delle radio nazionali in cui a turno, giovani e adulti/anziani, telefonavano offendendosi reciprocamente “i giovani di oggi non sanno cosa vogliono e stanno incollati al pc”. No siete voi che siete vecchi e ci avete lasciato in eredità un mare di rogne. E ancora: “provo fastidio quando vedo dei giovani malvestiti e tatuati nelle metropolitane”. Insomma, un gran dibattito che verteva su di una sorta di scontro generazionale.

La cosa che mi fa e mi faceva ridere è che la categoria giovani comprendeva spesso età che oscillavano indistintamente  dai 18 ai 25 anni, fino ad arrivare ai 30-35. Perché poi alla fine chi sarebbero i giovani? Di chi stiamo parlando? Quali le etichette pronte da incollare sulla loro fronte?
Questo sondaggio mi è tornato in mente mentre leggevo il brulicare di reazioni più o meno vivaci che su tweeter, hashtag vari e iniziative facebook sono nate in risposta alla Ministra Elsa Fornero e alla sua filosofia di saggezza choosy postmodernista.Tra le tante riflessioni scaturite quelle che ho sentito più vicine e autentiche sono quelle di Giulia Rosoni http://www.ilcorpodelledonne.net/?p=13374 e la Storia di una femminista choosy e radical chic di Alessia di  Un altro genere di comunicazione.

Quello che vorrei aggiungere qui, da una prospettiva di laureata emigrata all’estero da quattro anni perché stufa di essere presa in giro e che è uscita di recente da una situazione di precariato per ottenere un posto con contratto a tempo indeterminato nel settore di pertinenza di studi, riguarda una rilettura del significato del termine anglosassone choosy. Il fatto poi che questo termine non sia stato tradotto dalla Ministra lo trovo ulteriormente significativo e mi ha fatto venire in mente quel passaggio di Nanni Moretti in Palombella rossa “Le parole sono importanti” http://www.youtube.com/watch?v=qtP3FWRo6OwFa davvero  figo, anzi cool!, tirare fuori a sproposito termini stranieri in Italia, paese in cui tra l’altro l’inglese si studia poco e male e solo i figli delle classi privilegiate si possono permettere di crescere bi- o trilingue e andare a studiare all’estero? Il tanto compianto Erasmus, possibilità sicuramente importante nel percorso formativo di qualunque studente, ci si è mai chiesto se davvero tutti potevano permetterselo? Mi risparmio infine un amicale  parla come magni, anche se ci starebbe benissimo. Anzi, oramai l’ho scritto.Partendo dal presupposto che fino a che ci sarà una classe politica di vecchi privilegiati che vivono evidentemente in una dimensione molto lontana dalla realtà delle problematiche del quotidiano della gente comune, decido di stare al gioco e provo a chiedermi:

Sono stata troppo schizzinosa? Come ci sono arrivata al posto fisso?

Esistono strategie infallibili per uscire dal precariato? Essere schizzinosi o pretendere troppo è in Italia vista come una colpa? E all’estero? Ripenso quindi alla mia esperienza, ai primi contratti firmati a inizi anni 2000 quando c’erano ancora i co.co.co., alla serie interminabile di contratti a progetto firmati pur sapendo di non avere un minimo di diritti, ai colloqui sostenuti, ai cv inviati, ai posti accettati e a quelli rifiutati.Da quando ho lasciato l’Italia la domanda più ricorrente che mi è stata posta negli ultimi quattro anni durante colloqui di lavoro sostenuti tra la Francia e la Germania è stata: dove e come si immagina fra 5 anni? Questa domanda, estremamente emblematica, non serviva, come succede in Italia, a sapere se avevo intenzione di fare figli, ma  era volta a testare le mie ambizioni, a quantificare se possibile determinazione, voglia di fare, sicurezza e autostima. Caratteristiche fondamentali per risultare credibile e autorevole e quindi affidabile.

Considerato inoltre che in Francia o in Germania non sono stata mai trattata da ragazzina, quando in Italia mi è capitato a fine colloquio che mi si dicesse “ se fossi tuo papà ti direi di non accettare questo lavoro ma questo è quello che abbiamo da offrirti”.

Le prime volte che mi hanno chiesto dove mi sarei immaginata dopo 5 anni, ho cercato davvero di immaginarmi, e quello che ho visto mi ha riempito di angoscia.Oggi il lavoro, che tu abbia studiato o meno, che tu sia umanista o medico, non è più un diritto ma viene percepito come un lusso. Per rispondere a questa fatidica domanda da un milione di dollari mi sono però ben guardata dal cominciare a urlare o scoppiare in singhiozzi dondolandomi sulla sedia con le mani tra i capelli o dire cose tipo vi prego aiutatemi assumetemi i giornali sono pieni di statistiche sulla disoccupazione, accetterò qualunque cosa mi proporrete anche sottopagata e seviziata pur di entrare nel mondo del lavoro e vi dirò pure grazie.

Ho pensato, al contrario di ciò che pensa la Ministra Fornero, che fosse importante mettere in valore i miei studi, le esperienze accumulate, e continuare a credere che, anche se il mondo va in pezzi (e

vogliono farci credere che una soluzione non esiste a meno che non siamo noi a pagarla), di avere il diritto di provare a conquistare un mio orticello da arare.

Ho ritenuto che fosse più ragionevole coerente e saggio continuare ad avere fiducia in me stessa, e mostrare senza troppe esitazioni la mia determinazione e le mie reali ambizioni. Ho pensato di doverlo a me stessa e ai miei genitori che si sono fatti un mazzo così per far studiare me e mia sorella. Quindi ho risposto che, anche non mi avessero assunta loro, mi vedevo comunque in un posto di responsabilità, all’altezza dei miei studi e ambizioni, dove avrei fatto tutto con grande serenità perché sono una persona seria e preparata, oltre che umile e capace di apprendere velocemente. Voilà. Ecco fatto. Chiamiamolo empowerment per fare i radical chic.

Detto ciò, durante e finiti gli studi universitari, ho fatto come tutte e tutti, miliardi di lavoretti che non c’entravano assolutamente nulla con i miei studi (vi risparmio l’elenco anche se alcuni meriterebbero un post a parte) .  Ma nel mio settore, parlo di musei centri d’arte o fondazioni culturali, ho sempre cercato di difendermi come potevo, valutando molto attentamente ciò che mi veniva proposto.

Ci si riempie la bocca con questo blabla di parlare sui giovani manifestando un’enorme consapevole cecità nei confronti di generazioni di cui non frega nulla a nessuno e che in Italia sono state troppo a lungo malnutrite da un sistema scolastico estremamente maltrattato, da una cattiva politica estremamente antieducativa, da uno stato che non ha investito nell’educazione alla cultura e alla valorizzazione del proprio patrimonio e risorse.

Immaginate se, seguendo la non si deve essere choosy theory, avessi detto: non so dove mi vedo fra cinque anni, ma accetterei qualunque posto mi proporrete perché sono tanto tanto umile e visto che c’è la crisi devo avere tanta santa pazienza e subire ogni tipo di sevizia pur di entrare nel mondo del lavoro. Avrei dovuto dire che mi vedevo portinaia di un’importante azienda nella speranza di riuscire nella scalata della piramide sociale? Tra presa in giro e flessibilità è una bella differenza. Continuo a pensare che la flessibilità sia uno dei concetti più mal interpretati della storia contemporanea. Tu stai lì a subire e intanto leggi sui giornali cifre, stipendi stellari dei politici, parlamentari, sottosegretari e dei loro amici, parenti e soprattutto figli.

Essere disposti a negoziare, imparare, certo è fondamentale. Ma alzare il tiro serve, fare passi indietro in molti ambienti viene percepito come un segno di debolezza. Cosa ne pensi tu Lorella, che hai un percorso molto diverso dal mio? Io sono figlia di studi umanistici, ma oggi Musei e Fondazioni si comportano spesso come aziende. Tu Lorella sei stata choosy?

E se, secondo la Ministra, è necessario mostrarsi pronti ad accettare di lavare i pavimenti solo perché quello è un ottimo modo per entrare nel mondo del lavoro beh, cara Elsa, sappia che questa strategia, ampiamente sperimentata da più generazioni di “giovani“ italiani,  che di essere choosy proprio non se lo sono potuto permettere, si è rivelata totalmente fallimentare. Si guardi le statistiche e si chieda piuttosto se, aldilà della crisi che viene sventolata come un pratico parafulmine, le responsabilità della disoccupazione e della sottoccupazione non siano di tutti coloro che hanno spinto per l’apertura di master a pagamento con rate improponibili ( massimo 300 persone! ) dallo sproposito di dottorati erogati senza borsa di studio, dai tanti corsi di laurea che, soprattutto nell’ambito umanistico, provocano un surplus di laureati con percorsi di studio simili e titoli di laurea conflittuali che non corrispondono a reali sbocchi nel mondo del lavoro (ma questo lo scopri quando, corona di alloro sulla testa, le tasse le hai pagate da un pezzo).

Tutto questo per dire, cara Ministra,  che le parole sono importanti, almeno quanto è importanteche lo Stato dia l’opportunità e la possibilità di una realizzazione professionale ai propri cittadini, giovani e non.