Alle tante amiche e amici cattolici che ci seguono con calore, chiedo di inoltrare il mio sconcerto al portavoce del Vescovo Trasarti, dopo avere letto le sue parole quale commento allo stupro di un gruppo di 17enni verso una ragazzina di 15anni. Di seguito al mio commento  trovate il testo del portavoce.

Vi prego di far notare al Vescovo  che il processo di emancipazione in Italia è lento e segna il passo rispetto agli altri Paesi europei. Riferitegli che le sue parole possono rigettare le ragazze nel medioevo, mentre  faticosamente stanno provando a lasciarselo  alle spalle.

Il corpo è sacro, ilcorpo è un dono, leggiamo. E noi che qui ci impegnamo siamo d’accordo, lavoriamo per il rispetto del nostro corpo, perchè trovi finalmente il posto che gli spetta e dove noi lo si possa esprimere.

Dite al Vescovo Trasarti che due parole sui media e sul loro strapotere sarebbero benvenute, sulla proposizione ossessiva, volgare, senza rispetto dei nostri corpi proposti come oggetto, quell’oggetto di cui poi ci si impossessa quando ubriachi e  in gruppo; che da soli si rischierebbe che gli sguardi si incrocino e allora sarebbe un casino, che un oggetto la testa non ce l’ha, e a uno sguardo non siamo più abituati.

Caro Vescovo sono d’accordo che sia urgente un’educazione all’affettività, che  non si impara però davanti alla tv: e allora dica per favore una parola a chi governa le nostre città: qui nel profondo nord a Milano, a 13 anni un ragazzino ha gia visto più porno di me in tutta la mia vita, ma l’educazione sessuale non si impartisce più e  ti ritrovi questi adolescenti che chiamano “troia” le loro amiche su FB senza nemmeno capire cosa stanno dicendo.

Chiedo anche a Lei di misurare la portata delle  sue parole e di volere finalmente entrare in profonda sintonia con quel Femminile che, mi creda, in questi ultimi mesi grida per essere finalmente ascoltato e ora prova dolore immenso nel  sentire insinuare, come già accadde per molti secoli e fino a ieri, che è il corpo delle donne ad essere, ancora una volta, colpevole.

“Nel giorno in cui la Chiesa celebra solennemente il Corpus Domini (Corpo e Sangue di Cristo) presente nell’Eucaristia, la Diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola – rende noto don Giacomo Ruggeri, Portavoce del Vescovo Trasarti – esprime tutta la sua sofferenza e vergogna per l’atto di violenza a danno di una adolescente  nel corso della Notte bianca nella città di Fano. Le prime parole sono per la famiglia della ragazza e per lei stessa: una qualsiasi forma di violenza, specie quella fisica, segna coscienza e cuore per sempre. Anche il tempo fatica a cancellarle.

La coincidenza con la solennità cristiana del Corpus Domini – prosegue il Portavoce del Vescovo – ci deve far riflettere sull’accellerata e pseudo emancipazione che le ragazze di oggi hanno acquisito rispetto alle loro coetanee di alcuni fa. Mentre si ribadisce la ferma condanna di quanto accaduto si assiste ad una sempre più accentuata esibizione del proprio corpo. Il corpo è un dono, il corpo è sacro. È un regalo grande che la vita ha fatto ad ogni persona e non può essere mai pensato come ostentazione di sé e tanto meno come oggetto.

Di qui un appello ai genitori: l’educazione all’effettività dei figli passa anche (e non solo) attraverso la propria testimonianza di padre e madre in casa, nel modo di parlare e crescere nell’amore, nella stessa modalità di vestirsi perché siamo consapevoli che tutto parla di noi (parlare, vestire, amare, crescere, servire, uso del denaro, dei beni propri e del posto dove si vive) e tutto diviene linguaggio.

In tante parrocchie della Diocesi nei prossimi giorni prenderanno avvio campi scuola, esperienze di condivisione e di servizio. Per la ragazza, vittima di quanto accaduto – evidenza don Ruggeri – partecipare ad una di queste esperienze proposte dalle parrocchie può aiutare a vivere e condividere concretamente con tanti ragazzi/e che amano la vita senza disprezzarla, che vivono il rapporto con il proprio corpo e quello dell’altro in modo sano senza farsi gioco di esso, che  non tutti i ragazzi sono malati.

Ai giovani invece che si sono macchiati di una ferita indelebile cosi forte, e alle loro famiglie, non si chiede solo un profondo e onesto esame di coscienza, ma si invita loro a guardare alle settimane, ai mesi e agli anni futuri, evitando di dimenticare troppo velocemente quanto accaduto. Unitamente al riconoscimento della colpa (che non può essere sufficiente) ci sia un serio, profondo, maturo cammino di recupero della propria identità di persone, del senso del dovere e del rispetto alla vita propria e altri, al valore del sacrificio, del denaro in tasca frutto di lavoro guadagnato con il sudore, in una società che ha attutito ogni desiderio perché tutto è facilmente reperibile imbarbarendo ogni istinto.

A questi giovani, rei di quanto compiuto – conclude il Portavoce del Vescovo – invitiamo a vivere un tempo molto prolungato al fianco di senza fissa dimora, servendo i pasti alla mensa dei poveri, in una casa per ragazzi e ragazze diversamente abili, imboccando chi non riesce a mangiare e facendo delle notti al fianco di ammalati in ospedale. Gesti quotidiani come questi, che i ragazzi non conoscono più, possono illuminare la coscienza, aiutando a ritrovare lo sfuocato senso di dignità umana che si deve ad ogni persona”.