Da L’Unità del 26 novembre:

Ricordate come finisce Il corpo delle donne? Donne seminude appese come prosciutti, marchiate sul sedere. E la domanda: «Perché non reagiamo?». Da qualche parte bisognerà pur cominciare. Perché non da un supermercato? I pensieri che seguono, in effetti, sono nati in un ipermercato dell’Unicoop Tirreno (via Laurentina, zona popolare di Roma), dove, ieri, giornata contro la violenza sulle donne, nello spazio biblioteca (sic, spazio lettura, proprio accanto alle casse), Lorella Zanardo, l’autrice di quel documentario cult, teneva l’ultima lezione di un piccolo corso di formazione dedicato al personale. Titolo: «Nuovi occhi per la tv». Con lei (e con il coautore Cesare Cantù), il presidente e il responsabile personale dell’Unicoop Tirreno, la politologa Anna Loretoni e Laura Parlanti, che di mestiere fa il consigliere di fiducia per il codice antimolestie adottato dal dicembre scorso dall’Unicoop. Una direttiva europea prevede che tutte le aziende lo adottino. Dialoghi dal supermercato Prima cassiera (Brigida Calabrese, 28 anni): «Ci vogliono magre, ci vogliono con il seno fatto in un certo modo, con i capelli lucenti, le ragazzine a quattordici anni vogliono fare le veline, io da quando ho visto il documentario Il corpo delle donne seguo il consiglio dell’autrice: guardo la tv come se stessi al circo, funziona, non m’incanta più». Seconda cassiera (Gilda Spinosi, 34 anni): «I clienti vengono e ti dicono: ce l’ha quel prodotto l’ho visto in tv? Da quando ho studiato Il corpo delle donne, ci faccio più caso, se vedo una pubblicità che mi dà fastidio il prodotto che reclamizza non lo uso più». Coordinatrice del Reparto Casa (Loredana Santoro, 33 anni): «Perché arrivate a una certa età, le donne dalla tv spariscono mentre Mike Bongiorno si può dire che sia morto in tv?». Addetta al punto d’ascolto clienti (Anna Iorio, 34 anni): «È possibile che le ragazzina vuole fare la velina perché infondo sa già che sul lavoro anche se sei brava a un certo punto ti fermi? Forse se sul lavoro fossimo alla pari, usciremmo più facilmente dallo stereotipo televisivo». I maschi sono in netta minoranza. Paolo Palmerio, responsabile del personale Unicoop Tirreno, prende la parola, a mo’ di autocoscienza: «Quando ho visto Il corpo delle donne, ho pensato: io come uomo sono lontanissimo da quell’immagine televisiva, offensiva non solo per le donne ma anche per gli uomini. Eppure quell’immagine incide sulla società e ha persino qualche responsabilità rispetto a quello che poi accade…». Ciò che accade Lorella Zanardo lo riassume così: «In Italia la prima causa di morte sono le botte, in uno dei paesi più industrializzati del mondo, non si muore di tumore ma si muore picchiate a sangue». E la tv c’entra e come. Ecco, messi in fila così questi pensieri sparsi, potrebbero sembrare uno spot. In realtà potrebbero diventarlo: «La Coop ha lanciato la campagna per la difesa dell’acqua-bene comune: e se si facesse promotrice di una campagna di valorizzazione del capitale femminile?», suggerisce Dora Jacobelli, economista e responsabile Pari Opportunità di Legacoop. In effetti: «La cooperazione ha nel proprio dettato etico l’obbligo di impegnarsi contro la discriminazione di ogni tipo, il nostro compito è cambiare la realtà in cui operiamo», spiega il presidente di Unicoop, Marco Lami. Sembra un mondo a parte. Ma ricordarsi che non lo è, è importante. Primo: «Le donne anche in Coop sono meno rappresentate nei livelli direttivi», avverte Jacobelli. Secondo: «L’89 per cento viene molestata sul luogo di lavoro», ricorda Laura Parlanti, la consigliera anti-molestie dell’Unicoop. La cosa funziona così: «Tutte avete il mio numero, mi chiamate, ci incontriamo in un luogo riservato. Io intervengo, incontrando anche l’altra parte. Proviamo a vedere se il comportamento cambia. Altrimenti si passa a provvedimenti ulteriori. Se c’è un reato grave non lo risolve la consigliera però può aiutare a denunciare». Sembra semplice, no? In Italia, è fantascienza.

IMG_1318

Unicoop Tirreno, Roma, 21 ottobre 2010