192227030-aac32e41-3e86-4928-9d21-e606a8589420Quando presento ai dibattiti, molte ragazze faticano a capire una cosa semplicissima ma non evidente: il problema che stiamo affrontando qui non riguarda le ragazze della tv ma la tv stessa. Ripeto da due anni che se Raffaella Fico o Belen, ad esempio, vengono inquadrate da sotto con primi piani delle mutande, il problema è di Mediaset o Rai, non di Fico o Belen. Infatti certamente esistono in Gran Bretagna ragazze che vogliono guadagnare molto mettendosi in mutande, semplicemente la BBc non lo permette. Ci sono infatti delle REGOLE.
Quando ancora vedo la platea che stenta a capire, anche perchè è più facile dare la colpa ad un individuo anzichè ad una istituzione, procedo con un’azione teatrale di forte impatto. Con tono serio chiedo alla Preside della Scuola o al Direttore della Libreria o al Consigliere della Regione che mi hanno invitato, se posso spogliarmi, perchè il mio intervento prevede che la seconda parte venga svolta in mutandine e reggiseno. Lo dico seriamente, ed essendo io una persona adulta e sufficientemente autorevole, tutti mi credono. Inizia allora una situazione di grande imbarazzo, nessuno mi vuole contraddire ma non vogliono nemmeno che io mi spogli. Chiedo perchè, incalzo un po’ nervosa chiedendo se sono dei bigotti, se vogliono limitare la mia libertà espressiva: la provocazione riesce sempre perchè sono molto credibile e a quel punto mi sto gia sbottonando l’abito, o slacciando i jeans. Si crea il panico. Il 100% delle volte c’è sempre una persona che ad un certo punto dice a voce alta: “Basta! Se lei si spoglia in un luogo pubblico con dei bambini presenti, noi chiamiamo i vigili!”  “Bene!” rispondo io” perchè qui no e in televisione sì?”  il pubblico resta ammutolito e io ho raggiunto il mio scopo. La questione di Genova è importante: i due avvocati hanno ragione: se le prostitute devono vesitrsi in modo adeguato, devono farlo anche le soubrette. Oppure se in tv non viene richiesto un abbigliamento adeguato come alla BBC, abbiamo tutte il diritto di andare in giro in mutande. Penso ad un flash mob gigantesco dove tutte, ragazze e  donne, ci mettiamo in mutande al supermercato: se qualcuno osa dirci qualcosa, solleviamo un caso molto interessante. E’ solo una questione di mercato, come sappiamo bene. Tette e culi fanno vendere, quindi chissenefrega del decoro.

Proponiamo al dibattito questo articolo di Repubblica Genova.it, segnalatoci da Emanuela Chiarini:

Visto che in televisione abbigliamento, movenze e pose di molte starlettes sono le stesse utilizzate tutte le notti da migliaia di prostitute, perché le ragazze in strada vengono multate e quelle in tivù no? E’ questa, la tesi, neppure troppo ardita, sostenuta da due avvocati genovesi, Alessandro Cecon e Marcello Lucchese, nei dodici ricorsi depositati in prefettura con cui chiedono venga riconosciuta l’illegittimità di una discussa ordinanza contro la prostituzione firmata dal sindaco del capoluogo ligure Marta Vincenzi due mesi fa. Un provvedimento che consente di multare lucciole e clienti colti non al momento del rapporto, ma all’inizio dell’incontro, nella fase della contrattazione. L’ordinanza consente alle forze dell’ordine di agire sulla base del riconoscimento della prostituta dal suo abbigliamento, dalle movenze, dai segni di richiamo.
Concetti troppo discrezionali secondo i due avvocati ai quali si sono rivolti alcune ragazze romene che esercitano sui marciapiedi di Sampierdarena e che hanno già collezionato diverse multe da 150 euro.
“Si profila – scrivono i legali nel ricorso – un quesito sull’indice di scandalosità che gli atteggiamenti e l’abbigliamento in parola debbano possedere per integrare o no un adescamento. In proposito, il nodo più semplice da dipanare è quello relativo al vestiario che viene ordinariamente impiegato dai soggetti che svolgono il meretricio”.
E scatta il paragone con la televisione: “Oggi, come ad esempio testimoniano gli spettacoli mandati continuamente in onda sulle emittenti televisive (anche del servizio pubblico), in pratica è pressoché impossibile concepire una minaccia al pubblico decoro, da questo punto di vista”.
Quindi l’unica differenza, azzardano gli avvocati, è il contesto di questi atteggiamenti, ossia “una valenza diversa per strada, dove sicuramente non si rientra nel campo artistico”. Ma obiettano ancora Cecon e Lucchese “proprio in uno sguardo di insieme, ci si accorge che vi è una rigorosa corrispondenza tra standards televisivi e contegno sociale”. Come a dire: chi ha copiato chi?